STORIA: 98 anni fa il Re d'Italia promulgava la legge n.1045 del 9 luglio 1922

9 luglio 1922 - Vittorio Emanuele III "per grazia di Dio e volontà della Nazione..." Re d'Italia, promulgava la legge n.1045.
98 anni fa l'imponente delocalizzazione di San Fratello.
Il Piano Regolatore di Acquedolci fu innovativo per l'epoca ed è ancora oggetto di studio negli atenei.
di Enrico Caiola
"Vittorio Emanuele III, per Grazia di Dio e per volontà della Nazione, Re D'Italia; Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato, Noi abbiamo sanzionato e promulgato quanto segue..."..è il preambolo della legge n.1045 che reca la data del 9 luglio 1922 e, con tutta la solennità tipica della legislazione del Regno, determina di fatto la nascita di un nuovo centro abitato, un nuovo paese, con le sue opere pubbliche ed i suoi palazzi, i giardini e le piazze, le strade ampie e le reti idrica e fognaria.. 
Nei pressi dell'antico Borgo della Vecchia Marina, la moderna Acquedolci vede la luce nell'ottica della delocalizzazione dell'antica San Fratello rasa al suolo nel gennaio del '22 da una frana disastrosa che aveva trascinato con se chiese, palazzi, opere d'arte e archivi e lasciato senza tetto oltre nove mila sfollati. Il dramma di San Fratello aveva impressionato l'italia e, su interessamento del gen. Antonino Di Giorgio, vedeva la luce quella che i sanfratellani avrebbero chiamato "Marina Nuova", un moderno Piano Regolatore la cui realizzazione si inseriva tra le grandi opere avviate dal Genio Civile di Messina subito dopo il terremoto del 1908. La legge 1043 del 9 luglio, che ha per relatore l'on. Giuseppe Faranda medico antifascista originario di Tortorici, si compone di nove articoli che dispongono le linee guida entro le quali sarebbe dovuta essere pianificata la nuova delocalizzazione. 
La spesa autorizzata nel Bilancio del Ministero dei Lavori Pubblici è una spesa tutto sommato contenuta di sei milioni di lire paragonabili agli odierni 5.721.646 euro, in un'epoca nella quale però la manodopera e le materie prime avevano costi notevolmente ridotti e non si erano verificate ancora  nè la grave crisi economica del '29, nè la Seconda Guerra Mondiale  nè la crisi energetica degli anni '70. Questa somma di denaro, a totale carico dello stato, veniva destinata non solamente per la costruzione di un nuovo paese ma anche per ripristinare immediatamente il transito lungo la strada di accesso al paese distrutto che dall' 8 gennaio è ancora isolato dal resto del mondo. La spesa veniva stanziata mediante decreto del Ministro del Tesoro Camillo Peano ed era ripartita su base triennale in due milioni nell'esercizio finanziario 1921/1922, due milioni nell'esercizio 1922/1923 e due milioni nel 1923/1924 .
La costruzione di Acquedolci, un paese utopico nell'originario progetto, immaginato a misura d'uomo ma anche come piccolo "capoluogo dei Nebrodi", appare sin da subito molto più complicata di quanto si immagini e questo fatto impegna il governo dell'epoca guidato dal liberale Luigi Facta, al suo secondo mandato di Capo del Governo ed in carica dal mese di febbraio in un contesto nazionale di altissime tensioni politiche e sociali alla vigilia della Marcia su Roma organizzata dalle "squadracce". Il ministro delle Finanze, GiovanBattista Bertone (PPI) è artefice assieme al Ministro delegato al Tesoro Camillo Peano (PLI) della previsione di spesa e della ricerca delle somme da destinare alla costruzione di Acquedolci. Il nuovo paese nasce come delocalizzazione dell'antico abitato sanfratellano, la legge parla espressamente di "nuova San Fratello in località Acquedolci" e solo nel 1941 si proporrà di trasferire in Marina la sede del nuovo Comune proponendo la nuova denominazione Acquedolci. Ma ancora in quel caldo 9 luglio 1922 non si sa con certezza il luogo esatto sul quale porre la prima pietra della nuova matrice e del nuovo municipio. Si gettano solo le basi politico-amministrative e si destinano le risorse per la realizzazione del Piano Regolatore della "Nuova San Fratello in Acquedolci". Tuttavia,ancora, non si sono elaborati disegni e planimetrie urbane. Bisognerà attendere ancora qualche mese che, il provveditorato per le Opere Pubbliche di Messina, incarichi dello studio e dell'elaborazione del "Piano Acquedolci" un preparato Giovanni Giordano, allievo di Ernesto Basile ed impegnato nella ricostruzione di Messina.
Nel mese di luglio 1922 c'è fermento al Viminale per la fase legata allo studio sulle risorse da impegnare e le linee guida da indicare al Provveditorato di Messina. Questa fase è affidata alla supervisione del ministro napoletano  ai Lavori Pubblici Vincenzo Riccio dello stesso partito di Facta (PLI ). Un nuovo paese ha necessità che venga edificata una nuova chiesa madre, anzi la Chiesa Madre e nessuno parli di costruire altre matrici causa di divisioni e incomprensioni plurisecolari. Nel caso di Acquedolci, venga innalzata al cielo una sola chiesa, un solo campanile, per una sola comunità e venga posta all'attenzione la realizzazione di un cimitero monumentale, in grado di ospitare gli illustri concittadini che all'epoca, come accade oggi, portano ai massimi livelli il buon nome della comunità. Per questo motivo, la delocalizzazione veniva elaborata in coordinamento anche con il guardasigilli Luigi Rossi, liberal democratico che amministrava la delega "Affari di Culto". 
E il generale Antonino Di Giorgio? Per la rinascita di San Fratello, l'illustre pluridecorato militare aveva "scomodato" i vertici dell'esecutivo ed i partiti della debole maggioranza in Parlamento. A questo proposito andrebbe sicuramente corretta l'affermazione errata che vede il "ministro Di Giorgio" artefice della ricostruzione; va precisato infatti che Di Giorgio nel luglio '22 non era ancora ministro, era un deputato abbastanza influente sulla Corona sin dal 1913 in quota "indipendenti" ed era inizialmente contrario al fascismo in forte ascesa in quegli anni. Anche in questo caso, la nascita di Acquedolci è precedente al regime Fascista e si deve alle decisioni assunte dal Governo Facta. Solamente dopo l'unione tra fascisti e nazionalisti, nel 1923, Di Giorgio cominciò ad avvicinarsi al Governo di Benito Mussolini e, dopo le elezioni illiberali del '24, venne nominato Ministro della Guerra in sostituzione di Armando Diaz, quando ormai il progetto di costruzione di Acquedolci era in fase di esecuzione. 
Va preso tuttavia atto che, il generale, ebbe un ruolo decisivo nell'approvazione del progetto di legge promulgata dal Re d'Italia il 9 luglio del 1922, perchè fu un autorevole sostenitore anche in Parlamento della ricostruzione di San Fratello in un sito diverso rispetto all'antico abitato, seguendo le indicazioni che erano state determinate dall'amministrazione comunale di San Fratello che, all'epoca, era guidata dal sindaco Benedetto RiccaSalerno.
Ma cosa prevede la legge del 9 luglio? La prima cosa cui bisogna procedere è l'acquisto di un'area per la ricostruzione del nuovo paese. L'esistenza di alcune zone malariche scoraggia l'acquisto dei terreni ad est della Pianura di Acquedolci e determinerà l'espropriazione delle aree ad ovest, per intenderci dalle contrade Vecchia Marina fino a Barranca passando per la c.da Cruzzuluddu dove, su una collinetta denominata "san Pietro" verrà edificata la nuova chiesa di Santa Maria. Il Barone Cupane,per agevolare questa scelta, decise di donare addirittura delle aree da destinarsi ad opere e strutture pubbliche. La legge prevedeva che si pianificasse l'apertura delle strade, a cominciare dall'ampliamento della Strada Nazionale con eventuale demolizione o riduzione di case lungo l'area individuata (è il caso del Palazzo Galati che venne parzialmente demolito per consentire il passaggio della Nazionale). Venne anche delineata la fisionomia del paese sotto il profilo delle opere pubbliche. Acquedolci sia dotata di ampie piazze e strade larghe, servita da una rete moderna di fognatura e acquedotto. "Se è necessario" e, a quanto sembra lo fu, viene prevista la costruzione di una sede del Comune, delle Scuole Elementari e Medie, dell'Ufficio Postelegrafonico e della Pretura. 
La legge prevedeva poi una vera suddivisione in lotti attraverso il meccanismo dell'assegnazione gratuita di suolo edificabile agli sfollati di povera condizione in misura non superiore ai 100mq e la concessione in due soluzioni di pagamento di sussidi fino a 5.000 lire alle famiglie sfollate per potere ricostruire l'alloggio. Verranno per questo edificate le case ancor'oggi conosciute come "case di 5 mila lire".
Questa previsione darà vita alla pianificazione dei quartieri Mercato e Duomo e della zona popolare che si sviluppa ad ovest rispetto all'attuale via Cascino. Il Governo Facta garantisce alla popolazione la possibilità immediata di realizzare un sogno, il sogno della rinascita e la concreta possibilità di ripartenza in tutta serenità per una comunità che aveva perduto ogni riferimento. 
Viene stabilita, per le famiglie più povere, la costruzione di ricoveri provvisori per affrontare l'inverno e dei ricoveri stabili da consegnare entro due anni. Le domande sia per la concessione del suolo che per la concessione del sussidio avrebbero dovuto contenere indicazioni su identità,condizione personale, stato della famiglia (censo) e domicilio dei richiedenti. Termine di presentazione delle domane fissato al 30 giugno 1923. A tutte le famiglie non indigenti colpite dalla frana viene riconosciuto di beneficiare del particolare regime previsto dalle disposizioni emanate nel 1917 dopo il terremoto di Messina e Reggio. Si tratta di una serie di agevolazioni fiscali, di contributi assistenziali per la costruzione della casa e agevolazioni per i nuovi lavori. Esenzioni di qualunque tassa di bollo, di registro e catastale, viene disposto che gli uffici rilascino gratuitamente tutti gli atti, che venga sospesa l'imposizione fiscale sugli immobili danneggiati dalla frana e sui terreni fondiari fino al momento in cui non si fosse proceduto alle correzioni catastali riferite al territorio stravolto dal cataclisma. Per lasciare San Fratello e ottenere i benefici ci sarebbe stato appena un anno di tempo e, in quell'anno, si stima che furono migliaia i cittadini sanfratellani che decisero il trasferimento in Marina. In particolare le famiglie colpite dal disastro che avevano perso tutto nel crollo dei quartieri Pescheria, Muratta, Badia, Portella, Sant'Ignazio, Matrice, Crocifisso,San Nicolò.. Un vero e proprio esodo che sul territorio dei Nebrodi non si vedeva dal 1682, dopo la grave frana che che aveva raso al suolo il paese di Santo Stefano di Mistretta (delocalizzato nell'attuale Santo Stefano di Camastra). Tuttavia la costruzione dell'abitato dopo la morte del gen. Di Giorgio avvenuta nel '32, subirà una traumatica battuta d'arresto e non vedranno mai la luce alcune opere che saranno,al contrario, realizzate altrove.
Bibliografia: 
  • Città Giardino-il Piano Acquedolci di Pierpaolo Faranda ed Quanat;
  • Comune di Acquedolci  legge n.1045 del 9 luglio 1922


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