Arte: Giorgio Pinna,autore degli affreschi della Matrice di Acquedolci.

Affrescò l'abside della Chiesa Madre tra il novembre 1927 ed il gennaio 1928.
L'artista professore che diede volto alla povertà del "santo nero".
Affascinato dalla figura di San Benedetto: "Non interessa che sia nero-avrebbe detto- è povero come questi disastrati".
di Enrico Caiola
Nel 1989 moriva a 101 anni, nel comune di Pianopoli, piccolo paese in provincia di Catanzaro, il pittore Giorgio Pinna. Una lunghissima vita la sua, era nato a Catanzaro nel 1888, una vita per buona parte dedicata agli studi e all'insegnamento dell'arte. Di origine sarda, era discendente di una nobile famiglia (il padre era il conte Pinna Deduri di Macomer in Sardegna) aveva ereditato la passione artistica dalla madre Ada Luigia Calissano, una pianista appassionata di arte e bellezza.Il "professor Pinna",come lo chiamarono i suoi concittadini, trascorse gran parte della sua vita a Nicastro attuale Lamezia Terme dove ebbe fama per gli affreschi che l'amministrazione comunale dell'epoca gli commissionò per la Sala del Consiglio. All'epoca, nel '23,Pinna aveva appena terminato a Roma la formazione all'Accademia di Belle Arti dove aveva avuto modo di conoscere il celebre artista Giovanni Capranesi, pittore che la Banca d'Italia aveva scelto per disegnare le banconote della lira dei primi del novecento.
A Roma divenne grande amico di Virgilio Guidi,suo maestro ed uno dei maggiori pittori del ventesimo secolo. Ritornato a Lamezia i suoi affreschi in Comune gli procurarono una discreta notorietà e la possibilità di entrare in contatto con il Provveditorato alle Opere Pubbliche di Messina che,assieme al Provveditorato di Reggio Calabria era in quegli anni alla ricerca di artisti, ingegneri e architetti per la ricostruzione post terremoto. Tra le opere di ricostruzione di Messina, figurano anche gli interventi di delocalizzazione di un paese del messinese, il paese di San Fratello devastato da una frana nel gennaio del '22. Giorgio Pinna, ufficialmente "pittore storico e paesista", venne perciò inviato a San Fratello per opere da realizzarsi nella nuova Chiesa Madre del paese, ancora spoglia e disadorna di arredi. La supervisione delle opere venne affidata a Giovanni Giordano, progettista della Chiesa e dei palazzi pubblici costruiti ad Acquedolci a spese dello Stato. A quanto pare, sarebbe stato il Giordano a fare il nome di Giorgio Pinna. 
Da buono studioso dell'arte, Pinna si documentò sulla storia locale del paese prima di realizzare l'opera. Il suo intento era probabilmente quello di dare vita a qualcosa che potesse essere facilmente compresa e che potesse assumere valore identitario per una comunità di sfollati privi di riferimenti. Appena pochi anni prima, nel 1907, San Fratello aveva solennemente festeggiato i cento anni dalla canonizzazione di frà Benedetto Manasseri. E' probabile che tra le letture di questo pittore in cerca di ispirazione ci sia stato un testo in particolare, quello del sanfratellano Benedetto Nicolosi, un teologo francescano i cui scritti in quegli anni erano stati divulgati dalla parrocchia Matrice di San Fratello, la stessa chiesa per la quale adesso si commissionavano le opere per il nuovo edificio di culto del nuovo paese. Ed è proprio al capitolo VIII di questo testo che si racconta la povertà di frà Benedetto, la scelta di privarsi anche del proprio cibo per distribuirlo ai poveri. Scrive il Nicolosi: "Benedetto vestiva di una lana che qui in sicilia si chiama abbraciu, che vuol dire lana grossissima;il che mi persuado che Egli usava per amor della povertà, alla quale continuamente esortava..". Nella lettura della storia di questo santo ad un certo punto si racconta un episodio che sembra avere ispirato Giorgio Pinna. L'episodio narrato vede il santo protagonista di una difficile scelta, quella di incardinarsi in un ordine religioso all'indomani della soppressione delle comunità eremitiche. Frà Benedetto era alla guida di un piccolo gruppo di eremiti che vivevano sul Monte Pellegrino. Analfabeta e già in fama di santità viene descritto contrariato sulla scelta dell'Ordine religioso da abbracciare. 
Scrive ancora frà Nicolosi"[Benedetto] si portò nella Chiesa metropolitana di Palermo, dinanzi ad una immagine di Nostra Signora conosciuta sotto il titolo di Libera Inferni; e con il fervore tutto proprio di Lui, e con quella fiducia che gl'ispiravano le tante grazie ricevute per intercessione della Vergine, implorava da Dio un raggio di pura luce per conoscere il suo santo volere. Non una ma tre volte, per mezzo della Santa Madre, il Signore lo illuminò e gli mostrò visioni e cadde Benedetto, in ginocchio, con le mani rivolte al cielo in segno di lode, implorando ogni benedizione sui confratelli e sul popolo ..".
La scena era perfetta per essere raffigurata, l'artista Giorgio Pinna aveva l'occasione di colpire nel segno raffigurando un santo "paesano" che aveva scelto di condurre una vita povera ed al servizio dei poveri e che si trovava in una situazione di incertezza e disorientamento, allo stesso modo di come  disorientati e poveri erano gli sfollati del disastro sanfratellano. Il racconto  protagonista dell'affresco dell'Abside della nuova Chiesa Madre  sembra rispondere alla perfezione con le incertezze e le angosce di un popolo che ha perso ogni cosa. L'artista, con estrema delicatezza, raffigura un novello Francesco d'Assisi, dai lineamenti africani, con le braccia rivolte verso la Madonna "che libera dall'Inferno" e l'inferno, in quel momento era quello di un disastro che aveva quasi cancellato un intero paese."Non importa che sia nero-avrebbe detto- è povero come questi disastrati". L'affresco venne realizzato in alcune settimane e completato all'inizio dell'anno 1928, poco prima dell'apertura al culto della chiesa.
Un raggio di luce illumina il volto del santo di colore che mostra la sua povertà, con un saio d' "abbraciu" logoro e rattoppato. Il frate è in estasi e contempla visioni angeliche, mentre un putto gli porge un giglio, simbolo della purezza.Un secondo raggio si diparte dalla Madonna che mostrando il Bambino, metafora del Verbo di Dio, indica la strada da seguire, quella dei francescani.Un terzo raggio di luce illumina la scena e proviene dalla colomba che simbleggia lo Spirito Santo. La raffigurazione, nell'intento di essere facilmente compresa dagli sfollati offre allo spettatore l'immagine "familiare" del santo concittadino ed appare come incoraggiamento per chi aveva perso ogni cosa durante la frana. La povertà e l'incertezza trova risposta in Maria e illuminata dallo Spirito si fa esempio per chi osserva. Più in alto, nella lunetta della navata centrale, l'immagine di Maria Assunta,che sarebbe dovuta essere titolare della Parrocchia (la storia indica che non sarà così).
Il San Benedetto in estasi di Giorgio Pinna è una delle rare raffigurazioni artistiche dove il santo sanfratellano non tiene tra le braccia il Bambino,non ha nulla tra le mani, non indossa neppure un abito pulito. Semplicemente ed umilmente San Benedetto offre le proprie mani nude, offre la propria preghiera per il popolo e offre la propria vita di povertà e attenzione per il prossimo. Entrambe le opere, abside e lunetta, da quasi cento anni fanno parte del patrimonio artistico della comunità.
Dopo che furono realizzati gli affreschi di Acquedolci, Giorgio Pinna, continuò a dipingere ed insegnare. Nella sua vita lunghissima ha realizzato opere in tutto il sud italia , in particolare nei comuni del catanzarese ( Curinga, San Pietro a Maida, Nocera Terinese, Soveria Mannelli, Feroleto Antico..) e la sua passione artistica si espresse nell'insegnamento delle tecniche del disegno e della storia dell'arte nelle scuole di Lamezia dove divenne anche preside dell'Istituto Magistrale. Oggi le sue opere si trovano anche in molti eleganti palazzi romani. Giorgio Pinna è stato artefice dello stemma araldico della Città di Lamezia Terme che lo ricorda tra i propri cittadini illustri. Nel 30° anniversario dalla morte, abbiamo voluto approfondire le informazioni su questo pittore italiano che ha lasciato un'impronta artistica che ha contribuito alla crescita identitaria di Acquedolci.

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