GOTTA di SAN TEODORO: E'allarme abbandono.

L'attuale Amministrazione Comunale è totalmente disinteressata. Le priorità sarebbero altre?
ALLARME ABBANDONO PER UN SITO DI 200MILA ANNI.

La segnalazione giunge da uno dei tanti visitatori,che ha recentemente pubblicato un inserto sul sito Osservatore Italia, un quotidiano indipendente di informazione seguito in tutta Italia.

L'articolo critica il disinteresse da parte dell' Amministrazione Comunale guidata da Cirino Gallo che in 8 anni ha fatto pochissimo per valorizzare l'importantissimo sito paleontologico.
(nell'immagine: rudimentale segnaletica che indica l'accesso alla Grotta)
Parliamo ancora una volta di degrado, ma questa volta ci spostiamo in località Castellaro. Qui,alla base del maestoso Monte San Filadelfio, circondata da suggestive pareti calcaree e immersa tra oliveti e macchia mediterranea, a 140 metri sul livello del mare ed a circa 2 km a sud-est del centro abitato di Acquedolci, si apre suggestiva una delle Grotte più importanti dell'Isola, gioiello paleontologico non solo della Sicilia ma anche d'Italia e d'Europa. I resti fossili rinvenuti nel sito sono tantissimi ma si stima che ancora l'80% debba essere portato alla luce. La Grotta è bellissima e maestosa, il visitatore che vi accede tra sentieri invasi da erbacce e terreni circostanti occupati da porcili e pollai, si sente proiettato in un epoca lontana, un' epoca nella quale tutto il paesaggio era diverso, il mare era poco distante e nei pressi dell'Antro si sviluppavano alcuni bacini lacustri.

La Grotta deve questo nome ai monaci Basiliani che vi si insediarono intorno all'anno Mille d.C. . I resti fossili ivi rinvenuti sono disseminati in tutto il mondo dall'Australia all' American Museum of Natural History di New York fino al Museo Gemellaro di Palermo. Le trincee scavate nella roccia mostrano al visitatore alcuni interessantissimi fossili e l'intero sito è praticamente l'unico d'italia in ambito paleontologico ad avere trincee coperte e visitabili.         

L'articolo sul sito Osservatore Italia,quotidiano indipendente di informazione, denuncia il degrado e la segnaletica inadeguata, le infrastrutture ormai fatiscenti ed i mezzi insufficienti del personale che spesso interviene a proprie spese per garantire la manutenzione dei sentieri.
http://www.osservatoreitalia.it/mobile/index.asp?art=5855
di Vincenzo Giardino
Acquedolci (ME) - Ad Acquedolci, paesino tirrenico della provincia di Messina, attraverso un'anonima stradina con indicazioni poco visibili, si accede alla Grotta di San Teodoro, dal nome dall'eremita che l'avrebbe abitata, un sito archeologico di enorme interesse storico e scientifico. L'attuale stato di abbandono dimostra il disinteresse della Regione Sicilia e del Comune di Acquedolci negli ultimi anni. 

L'attuale amministrazione comunale è totalmente disinteressata, sostenendo di avere altre priorità, come il rifacimento del lungomare per l'incentivazione delle attività legate alla balneazione (meglio l'uovo oggi che la gallina domani?). 

La Grotta di epoca paleolitica, formatasi in seguito ad un fenomeno carsico verificatosi all’incirca otto-dieci milioni di anni fa, fu segnalata per la prima volta dal barone Francesco Anca nel 1859. Gli scavi successivi furono condotti da Vaufray (1925), Graziosi e Maviglia (1942) e dalla dr.ssa Bonfiglio (dal 1982- al 2006). 
Tra i vari fossili (elefante nano, iena, cervo, cinghiale, ippopotamo e asino nano), furono ritrovati i resti di uno scheletro appartenuto ad una donna di circa trent'anni alla quale fu dato il nome di Thea (dal latino Theodora) per collegarlo a quello della Grotta. Quasi tutti i fossili ritrovati furono trasferiti in vari musei (Palermo, Firenze, etc.), lo scheletro di Thea si trova nel Museo Geologico Gemellaro di Palermo. Negli ultimi anni si fa accenno alla Grotta di San Teodoro solo in qualche programma televisivo di carattere scientifico e trova l'interesse di alcune scolaresche e di qualche studioso straniero. 
Degno di nota è l'impegno del gruppo di dipendenti dei Beni Culturali che, oltre ad accogliere i rari visitatori con gentilezza e disponibilità, si prodigano quotidianamente, con pochissime risorse e spesso a spese loro, per mantenere il sito in maniera accettabile. 
Ognuna di queste persone conosce la storia della Grotta, in ognuno di loro è percepibile la passione che li lega a questo posto unico ed affascinante. Sono persone che anonimamente svolgono la loro attività oltre il dovere professionale. Conoscono tutte le fasi degli scavi che si sono succeduti nell'arco di quasi 150 anni,conoscono i nomi degli studiosi a cui va il merito dei vari ritrovamenti e dei pochi sindaci di Acquedolci che hanno sostenuto in qualche modo il sito (Terranova e Oriti). 
In Alto Adige con il ritrovamento della Mummia del Similaun (1991), anche nota come Uomo del Similaun, che non ha la stessa importanza storica e scientifica dello scheletro di Thea), è stata creata un'attrazione internazionale, promossa in tutte le riviste turistiche dell'Alto Adige. 
In Sicilia sono molti a non conoscere l'esistenza di questa grotta, nonostante gli sforzi della comunità scientifica di creare iniziative per darne visibilità. Purtroppo sono ancora pochi gli amministratori locali che credono che la storia e la cultura possono creare un indotto economico che potrebbe sollevare le sorti del territorio, dimenticandosi di quanto invece sia stata prodiga la colta nobiltà Borbonica per dare sostegno alla ricerca archeologica e scientifica in genere. Infatti, l'unico periodo in cui veniva dato lustro mondiale al patrimonio archeologico del Sud Italia è stato il periodo Borbonico. 
In Francia un ammasso di ferraglia firmata Gustave Eiffel, riesce a portare soldi nelle casse dei francesi da più di 150 anni, in Sicilia, un sito di oltre 200mila anni di storia ha bisogno della sporadica generosità di qualche amante dell'archeologia per essere mantenuto in vita.
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-l'approfondimento-
Difendiamo la Grotta: quell'importante Gioiello dimenticato menzionato anche nell'enciclopedia Treccani. 

All'interno sono stati rinvenuti anche i resti di un cavallo nano: l'Equus Hydruntinus.
La Grotta rappresenta un patrimonio immenso, i resti fossili sono decine di migliaia. Dentro la Grotta è morto anche l'ultimo elefante di cui si abbia notizia in sicilia.


Qui la storia ha avuto inizio, qui l'uomo si è rifugiato all'alba della civiltà, qui l'attenzione di ricercatori e scienziati fa presupporre nuove teorie sull'evoluzione e non nasconde l'attesa per nuove incredibili scoperte. 

Università di Messina e Palermo studiano il sito da decenni. La Grotta, il suo scrigno di tesori, la sua importanza nella ricostruzione della storia evoluzionistica, attira l'attenzione di prestigiose università europee.

Alla Grotta dedichiamo uno speciale degno di  quello che la Grotta rappresenta.


I resti presenti nella Grotta di S.Teodoro di Acquedolci continuano a calamitare l’attenzione del mondo scientifico. Negli ultimi tempi un team di studiosi guidati dal professor Adrian Lister docente di Paleontologia al British Museum of Natural Hystory di Londra e specialista di fossili, ha chiesto di poter studiare i resti di cervi e di elefanti provenienti dagli scavi condotti nei depositi di Acquedolci. Il sito è ormai riconosciuto come prestigioso riferimento per lo studio delle faune insulari e dei processi di migrazione di popolazioni mammifere. I resti fossili provenienti dagli scavi dei siti di Acquedolci sono migliaia, una delle miniere di fossili più imponenti dell'Europa.

Benvenuti nella Grotta di San Teodoro,"pietra miliare della paleontologia" europea, monumento del creato, cattedrale di  fossili, riferimento storico, luogo affettivamente caro per la storia del popolo che vive su questo territorio. Definire questa opera della natura è difficilissimo. Nella Grotta non si sono rifugiati solo i monaci basiliani in fuga dall'Oriente Iconoclasta che le diedero questo nome in onore di Teodoro martire degli iconoclasti in Gerusalemme. In questo luogo, secondo le varie leggende avrebbero sostato importanti reliquie come quelle di San Calogero e si sarebbero rifugiati eremiti come Conone di Naso, Girolamo Lanza di San Marco e Benedetto Manasseri di San Fratello. Secondo la leggenda un cunicolo metterebbe in comunicazione con il Monte Vecchio e sarebbe stato utilizzato in epoche passate per lanciare allarmi in caso di incursioni saracene. In questa Grotta migliaia di persone si sono rifugiate in massa durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. L'Antro, molto suggestivo anche per le sue notevoli dimensioni, si apre su una scarpata modellata su calcari giurassici che delimita un ampio terrazzo tardopleistocnico al cui margine interno, alla base della parete carbonatica, si estende un deposito lacustre pleistocenico caratterizzato da resti di ippopotamo. Nell'area di Acquedolci sono state rinvenute diverse associazioni faunistiche che complessivamente rappresentano tre fasi della preistoria siciliana collocabili tra 200 mila e 11 mila anni fa, e attraverso le quali si sono succedute diverse condizioni ambientali.
(nell'immagine:la località Favara si trova nei pressi del Pizzo Castellaro alla cui base si aprono il Riparo Maria e la Grotta di San Teodoro)
Il deposito fossile della Grotta è immenso e si sviluppa in tutta l'area del sito paleontologico. Le dimensioni dell'Antro sono notevoli. All'interno dell'antro la temperatura si abbassa fino a 10 gradi rispetto all'esterno. E' proprio qui dentro che sono state rinvenute sette sepolture umane, le più antiche di sicilia e tra esse lo scheletro di Thea, uno dei resti umani più antichi d'italia. Parliamo al maschile perchè a quanto pare, in base alle ultimissime analisi e ricerche Thea era in realtà un uomo, Theo, morto a circa 30 anni. Ma andiamo con ordine, perchè se è giusto segnalare il grave degrado è prioritario anche parlare dell'importanza della Grotta che ha svelato al mondo intero resti fossili perfettamente conservati di animali africani "nani" a causa del prolungato isolamento. Tra loro troviamo specie ormai scomparse dal nostro continente come il cavallino nano, l'Equus Hydruntinus, grande quanto un cane di taglia media.
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La Grotta di Acquedolci nell'Enciclopedia Treccani
San Teodoro (Grotta di)
Enciclopedie Treccani
San Teodoro, Grotta di Stazione preistorica presso Acquedolci, in provincia di Messina. Conteneva un deposito formato da due strati: uno inferiore di argilla con fauna a pachidermi, e uno superiore con un’industria dell’Epigravettiano finale (grossi manufatti di quarzo associati ad altri, di selce, più minuti). In questo livello erano le sepolture di quattro individui, coperte di ocra.
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La Storia delle scoperte

La prima segnalazione della Grotta di San Teodoro e dei depositi paleontologici e paleoetnologici ubicati al suo interno si deve alla esplorazione del Barone Anca che nel 1859 eseguì un primo saggio di scavo. Egli notò che all’interno vi erano depositi del Paleolitico superiore e nell’ampio saggio che fece all’ingresso della grotta trovò un sedimento che conteneva resti di animali (elefante nano, iena, cervo,cinghiale, orso, asino). Indagini successive furono condotte da Vaufray (1925), Graziosi e Maviglia (1942) e Bonfiglio (1982-1985, 1987, 1989, 1992, 1995, 1998, 2002, 2003, 2004, 2005, 2006).


La Grotta di San Teodoro fu abitata dall’uomo entro uno spazio di tempo valutabile, all’incirca, tra i 12.000 e gli 8.000 anni a.C. che, dal punto di vista culturale, rappresenta l’ultimo periodo del Paleolitico Superiore italiano comunemente chiamato Epigravettiano finale. La singolarità e l’importanza della Grotta è data dal ritrovamento delle prime sepolture paleolitiche siciliane: sono cinque crani e due scheletri eccezionalmente completi che per primi hanno consentito una conoscenza approfondita degli antichi abitanti della Sicilia.

(nel video: 

Documentario RAI  ULISSE IL PIACERE della SCOPERTA -Tesori di Sicilia- condotto da Alberto Angela. 

Si parla di THEA e della GROTTA di San Teodoro)
Le sepolture umane e il rituale di  sepoltura
Il rituale consisteva nella deposizione del defunto in una fossa poco profonda in posizione supina oppure sul fianco sinistro, circondato da ossa animali, ciottoletti ed ornamenti composti da collane fatte con denti di cervo. Tutte le deposizioni furono ricoperte da un leggero strato di terra e al di sopra fu sparsa dell’ocra (colorante naturale) che formava un sottile livello. La testimonianza più importante è data dal ritrovamento dei resti fossili di un essere umano di circa 30 anni, di 164 cm di altezza alla quale è stato ufficilamente attribuito il nome di Thea (dal latinoTheodora) per collegarlo a quello della grotta.
(nell'immagine: lo scheletro di "Thea",è la sepoltura e il resto umano "più antico di  Sicilia")
I depositi con ippopotami
Lo scavo di sette trincee di profondità, variabile da pochi decimetri fino a 6 metri, ha consentito il recupero di numerosi resti di ippopotamo, alcuni dei quali ancora visibili nelle trincee. I resti fossili estratti a migliaia e oggi custoditi presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Messina, sono in massima parte elementi scheletrici dell’ippopotamo endemico siciliano Hippopotamus pentlandi
Gli individui d'ippopotamo, rappresentanti tutto l'arco dello sviluppo ontogenetico della specie, sono accompagnati da resti di orso, cervo, lupo, tartaruga e uccelli. Lo studio dei resti suggerisce l’antica presenza di un bacino lacustre e che probabilmente si estendeva verso nord sull’ampio terrazzo. Gli scavi di Acquedolci hanno chiarito che i numerosi depositi a ippopotamo presenti in Sicilia alla base di pareti carbonatiche sulle quali si aprono grotte fossilifere non si sono originati per svuotamento delle grotte, ma per l’esistenza di falde acquifere e di bacini alla base dei massicci carbonatici. L’unico dato cronologico finora disponibile per gli ippopotami di Acquedolci proviene da una datazione geochimica che ha fornito un’età di 200.000 ± 40.000 anni dal presente.

Sono state scavate due trincee, una porzione molto piccola rispetto al volume dei sedimenti fossiliferi presenti. I caratteri della ricca associazione faunistica sono originali e inediti per un ambiente insulare. In ambedue le trincee sono stati rinvenuti resti del Cervo Cervus elaphus siciliae, del Bue selvatico Bos primigenius siciliae, del Bisonte Bison priscus siciliae, del Cinghiale Sus scrofa, dell'Elefante un tempo attribuito alla specie Palaeoloxodon mnaidriensis, della Iena Crocuta crocuta spelaea, della Volpe Vulpes vulpes. Dalla setacciatura e cernita dei sedimenti sono stati estratti resti di roditori, che comprendono arvicola (Terricola ex gr. savii) e topo selvatico (Apodemus sylvaticus), uccelli, tra i quali falco (Falco columbarius, F. tinnunculus), coturnice (Alectoris graeca), un galliforme attualmente rappresentato in Sicilia dalla sottospecie endemicaAlectoris graeca whitakeri, quaglia (Coturnix coturnix), colomba (Colomba livia, C. oenas), beccaccia (Scolopax rusticola).Sono inoltre presenti resti di riccio (Erinaceus europaeus), di insettivori (Crocidura sicula), di pipistrello, di lucertola, molluschi terrestri e semi. La datazione di un livello di concrezione con il metodo230Th/234U ha fornito un’età di 32.000 ± 4.000 dal presente, coerente con i dati stratigrafici e paleoecologici.
La varietà di cooproliti fossili riconosciuti, permettono di ipotizzare che il sito fu una tana di iena ed è fino ad oggi la prima ed unica segnalazione di un tale contesto in ambiente insulare. La scrupolosa raccolta dei resti di piccoli mammiferi e molluschi nei depositi di provenienza dei resti dei grandi mammiferi e la dettagliata ricostruzione stratigrafica hanno permesso di ipotizzare uno dei primi esempi in Europa per questo tipo di ambiente. Gli elefanti di San Teodoro sono probabilmente gli ultimi sopravvissuti in Europa occidentale.
Il progetto di fruizione 
(fonte UNIME-Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Messina -prof.ssa Laura Bonfiglio e prof.ssa Gabriella Mangano )
Fino al 1982 la Grotta e l’area circostante appartenevano a privati. Per la spettacolare ricchezza del deposito a ippopotami, nel 1983 è stato proposto un progetto di conservazione in posto dei resti fossili alla competente Soprintendenza di Messina, con l’intento di costituire un museo all’aperto. Dopo l'approvazione dall'assessorato, l’area è stata acquisita dalla Regione Siciliana che l'ha dotata di personale di custodia. La Provincia Regionale di Messina è intervenuta per la realizzazione di una copertura in vetro e una prima sistemazione delle trincee esterne. Per il completamento della struttura sono tuttavia necessarie ulteriori risorse finalizzate a realizzare un adeguato apparato didattico anche presso le trincee interne.
La Grotta è visitabile tutti i giorni  dalle 9,00 alle 17,00. L'ingresso è gratuito.
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Bibliografia:
Agnesi V., Bonfiglio L., Ciurcina C., Conoscenti C., Di Maggio C., Di Patti C., Mangano G., Masini F., Pavia M., Petruso D. & Spigo U. (2004). Quaternary eustatic fluctuations and biochronology of vertebrate-bearing deposits correlated with marine terraces in Sicily. 32nd International Geological Congress, Florence 20-28 August 2004, Field Trip Guide Book - B07. Leader: L. Bonfiglio, pp. 36.
Anca, F. (1860). Note sur deux nouvelles grottes ossifères dècouvertes en Sicile en 1859: Bull. Societé Geologique de France17: 684-695.
Bonfiglio, L. (1995). Taphonomy and depositional setting of Pleistocene mammal-bearing deposits from Acquedolci (North-Eastern Sicily): Geobios Memoria Speciale 18: 57-68.
Bonfiglio L., Esu D., Mangano G., Masini F., Petruso D., Soligo M. & Tuccimei P. (2008). The Late Pleistocene vertebrate bearing deposits at San Teodoro Cave (North-Eastern Sicily): preliminary data on faunal diversification and chronology. Quaternary International 190: 26-37.
Bonfiglio L., Mangano G. & Martinelli M. C. (2006). I tesori della preistoria siciliana ad Acquedolci e alla grotta di S. Teodoro. Edizioni EDAS Messina, 16 pp.
D’Amore G., Di Marco S., Tartarelli G., Bigazzi R. & Sineo L. (2009). Late Pleistocene human evolution in Sicily: comparative morphometric analysis of Grotta di San Teodoro craniofacial remains. Journal of Human Evolution 30: 1-14.
Graziosi, P. (1947). Gli uomini paleolitici della grotta di S. Teodoro Messina). Rivista di Scienze Preistoriche 2: 123-224.
Graziosi, P. & Maviglia C. (1946). La grotta di S.Teodoro (Messina). Rivista di Scienze Preistoriche 1: 227-283.
Vaufrey R. (1929). Les éléphants nains des iles mediterranèennes et la question des isthmes pléistocènes. Archives de l'Institut de Paléontologie Humaine, 6: 1-220.
Enciclopedia Treccani- Grotta San Teodoro Acquedolci.
Si ringraziano:
UNIME-Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Messina 

(E.C.)

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