Tutto pronto per la storica Fiera del 14 maggio.
E'un tradizionale appuntamento che precede di pochi giorni i festeggiamenti dell'antico Patrono del Borgo della Marina.
E'un tradizionale appuntamento che precede di pochi giorni i festeggiamenti dell'antico Patrono del Borgo della Marina.
Momento tradizionale e caratteristico, la Fiera di Acquedolci è tra le più antiche di Sicilia.
La data del 14 maggio si colloca tra due grandi feste patronali : il 10 Maggio a San Fratello e la Domenica successiva alla Fiera che per Acquedolci è Festa di San Giuseppe.
Originariamente era questa una Fiera del Bestiame che costituiva un'importante occasione per concludere ottimi affari tra allevatori dell'entroterra e allevatori dei borghi rivieraschi.
Nel pieno della Primavera, in un periodo di mungitura e nascita di animali, questo appuntamento rappresentava perciò un momento importantissimo per la nostra realtà contadina e di allevatori.
(nella foto: Fiera del Bestiame in contrada Pianelle mentre passa il treno.
La foto, scattata da benedetto Rubino risale al 14 maggio 1928.
Si intravede la Stazione Ferroviaria-a sinistra- ed il palazzo Gerbano -a destra).
La Fiera di Acquedolci, anticamente piccolo e laborioso borgo di agricoltori e pescatori denominato "La Marina", sanciva l'inizio della bella stagione e rappresentava un'occasione utile per entrare in contatto con i dinamici centri della costa tirrenica.
Col tempo alla Fiera del Bestiame (scomparsa da qualche anno), si affiancò il "Mercato delle Cose", dove si potevano acquistare formaggi appena prodotti e stagionati, produzioni casearie, cereali, verdura, legumi e farina.
(nella foto di Benedetto Rubino: la via Vecchia Marina)
Nei secoli il grande mercato che percorreva la suggestiva via Vecchia Marina si estese, arrivando ad occupare la via Madonna della Tedesca e parte della contrada Buonriposo.
(nella Foto di Benedetto Rubino: Il Vecchio Borgo di Acquedolci)
Mercanzie, utensili per gli allevatori, formaggi e alimenti, carne fresca, articoli per la casa e indumenti, ma anche giocattoli e dolciumi.
A fine '800 la Fiera di Acquedolci divenne davvero una grande Fiera,degna di reggere il confronto con l'analogo appuntamento che si teneva il 14 e15 Aprile nella vicinissima S. Agata.
Con la frana e la costruzione della moderna Acquedolci il grande Mercato traslocò dalla "Marina Vecchia" alla "Marina Nuova".
Negli anni '50,'60 e'70 la Fiera occupava la via Risorgimento,la via Zara, la Piazza del Municipio,la via Messina (oggi via Scaglione) e la via Palermo.
Numerose bancarelle venivano impiantate anche in via Ricca Salerno, mentre nei pressi della Piazza Libertà cominciarono ad arrivare le giostre per la gioia dei piccolissimi.
Negli anni'80 la decisione di far traslocare nuovamente la Fiera,questa volta nelViale Cadorna, scelta più o meno criticata e criticabile, probabilmente dettata da motivi di ordine pubblico.
Cominciò anche il periodo di declino dell'importante appuntamento tradizionale, fino alla soppressione della Fiera del Bestiame nell'anno 2005.
Oggi rimane il grande mercato, in un epoca di grandi centri commerciali, rivenditori cinesi a basso costo e prodotti preconfezionati.
(nelle foto di Innocenzo Gerbino: la via Cadorna e la via Cascino il giorno della Fiera)
Questa fiera, la nostra Fiera di Maggio, sopravvive ancora dopo secoli come tutti gli altri analoghi appuntamenti fieristici, minacciata da una cultura ormai distaccata dalle antiche tradizioni e con esigenze mutate rispetto al passato.
Nell'augurare a tutti di trascorrere un 14 maggio sereno e gioioso, ricordiamo che ogni acquisto, anche il più banale, è un sostegno che diamo al perdurare di questa nostra antica e bella tradizione.
Vogliamo dedicare a questo evento qualche riga scritta da Salvatore Emanuele, nostro concittadino lontano, che ci racconta con entusiasmo la Fiera com'era nei tempi passati, quando l'appuntamento segnava l'inizio di una grande festa.
(E.C.)
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IL14 MAGGIO
nell’ACQUEDOLCI del XX secolo.
La fiera del bestiame,dei ninnoli e delle leccornie per bambini.
di Salvatore Emanuele
Arrivavano dalla
lontana terra sanfratellana dal
passo dei tre, dalle contrade confinanti
con Caronia, giungevano dai paesi a
est:Sant’Agata, Militello,Torrenova, Naso e gli San
Marco d’Alunzio.
Erano bovi da lavoro, vacche da latte; muli, asini e
cavalli che giungevano da ogni dove. La
fiera era importante!I venditori di quadrupedi, da tiro o da basto; giungevano di mattino presto, prima ancora del levar del sole e si dirigevano, passando
per l’unica via della Marina Vecchia, dietro al Castello Cupani, direttamente sulla spiaggia renosa del mare,sul limitare della verde contrada
denominata
«'u Buffuni», luogo delle contrattazioni.
Sul
far della sera del giorno precedente, il 13 di maggio, arrivavano stanchi, dai più lontani luoghi, branchi di armenti, piccoli greggi
di ovini e neri maialini dei Nebrodi,
suini di — bauna muzina (buona razza)
come dicevano a San Fratello. Rimanevano
tutta la notte negli ampi spazi, tra le case sparse del costruendo paese, a
brucar l’erbetta della fresca primavera.
(nella foto attualizzata da Ignazio Pioppo: la Torre del Castello Cupane domina le contrade Buffone e Pianelle.)
Nel silenzio della notte oltre allo sbuffar delle locomotive del treno e, lo stridio dei freni delle carrozze, altro non si sentiva.
Ma la notte che andava dal 13 al 14 di maggio, oltre allo zuf …zuf del treno, si sentivano i ragli degli asini in calore che i loro proprietari tenevano separati dalle femmine: il loro " Ih oh, ih oh, ih ho" echeggiavano senza eco negli ampi spazi.
Durava tutta la mattinata il periodo della contrattazione,dopo di che i pastori ed i bovari riconducevano le mandrie nel loro luogo di abitanza.
(nella foto: " 'U Caliaru" venditore di calia,arachidi e noccioline)
Rimanevano fino a sera inoltrata le bancarelle dei venditori di generi vari per la casa e l’abbigliamento,dei dolciumi e dei giocattoli, delle stoviglie e dei vocianti caliari che con la grande cesta poggiata sull’addome e trattenuta da una cinghia passante per il collo del caliaro, vendevano a misura la loro merce di croccante calia e semi di zucca salati e tostati "a simenza".
Il loro vociare: “Caura, caura la calia bedda, mezza lira mezzu litru….Accatativi la calia bella e bona, caura caura…”.
Noi ragazzi, aprendo ben bene la bocca della tasca laterale dei calzoni, ce la facevamo riempire di calia dicendo al caliaro: "chinu chinu, senza arrubari" .
I caliari erano tutti provenienti dal paese di Naso.
E poi, sulle bancarelle, dolci e profumati tutù, piccoli cubetti di pasta dolce alla vaniglia interamente cosparsi di spessa glassa di cioccolato.
Di queste praline ne ero ghiotto a dismisura, forse inconsciamente per l’assonanza con il diminutivo siciliano del mio nome “Totò”.
Era il mio nonno materno Luigi Cracò, che mi conduceva per mano in mezzo a tutta la gente festaiola e, che sostava a contrattare gli acquisti con i venditori vocianti che, in fila si snodavano sulla strada maestra dalla via Marina fino alla bottega di alimentari della Pizzaredda.
Questa si trovava sull’angolo di via Buonriposo dove dalla fontanella sgorgava acqua perennemente. Per essere tale, era la fontanella prediletta dalla schifosaggine del cosiddetto «Professor Pertinace» per bagnarsi le tre dita prensili della mano destra: pollice,indice e medio con la chiave che perpetuamente teneva stretta fra le dita.Una giornata di festa ch’io aspettavo tutto un anno; già dal giorno successivo la fiera mercato dell’anno precedente.
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