25 Aprile (di 70 anni fa) in versi, tra sigarette e momenti d’amore.

25 Aprile 1945: L'esercito nazifascista si arrende e abbandona l'Italia dopo le insurrezioni partigiane a GenovaMilano e Torino, ponendo fine all'occupazione tedesca.
(nel video la Liberazione di Milano- 25 Aprile 1945)

di Salvatore Emanuele
A breve andremo a ricordare, a festeggiare, una ricorrenza che andrebbe immortalata nel profondo del nostro cuore.

Ora, anche se di anni ne son passati tanti, vale rimembrare a noi stessi, e far conoscere ai nostri nipoti, quel che avvenne in quel giorno di martedì di settantanni fa, 25 Aprile del 1945. Ho tratto queste memorie dal mio libro autobiografico: “I MIEI SEDICI LUSTRI” e col Suo beneplacito vorrei render pubblici, avvenimenti di vita vissuta… All’epoca:
E… VENNE APRILE 1945

Il 25 si appalesò luminoso come il giorno della grande Vittoria della Libertà, raggiunta con il sacrificio di tutti, e ancora più determinato della povera gente, di coloro che raggiunta la agognata libertà avrebbero dovuto ancora combattere per raggiungere l’obiettivo necessario alla sopravvivenza. Una grande battaglia era finita, coronata da successo; un’altra ne incominciava: quella della ricostruzione, quella del raggiungere il benessere, per il quale era necessario mettere la stessa vigorosa energia che ci aveva animato nel conquistare la libertà.
Non era facile vivere in un paese dove circolava una moneta di occupazione: le “Amlire” (American-lire - nella foto il taglio da 50 lire) che i soldati alleati sventolavano sotto il naso dei poveri relitti umani della nuova società; costretti dalla impellente necessità a sottomettersi alle loro appetitose voglie veniali e carnali. 
Gli Americani, per accattivarsi la simpatia dei civili, specialmente dalle donne ed in modo particolare delle ragazze, distribuivano a « iosa » tavolette di cioccolato e sigarette di tutte le varie marche e le più famose.

Le ragazze si accompagnavano ai soldati, familiarizzavano con loro; nuove sale da ballo si aprivano alle coppie per farli danzare al suono degli indiavolati, balli americani dei quali primeggiava il — boogie-woogie.


In generale, i soldati erano garbati, gentili con i civili; fra di loro, nei gruppi,a volte, intercorrevano rapporti di intemperanza e, se ubriachi, li risolvevano a pugni fra di loro in un “ring” senza corde delimitanti il quadrato, ma attorniati da un folto stuolo di compagni che li incitavano a picchiarsi, di battere l’uno o l’altro. Si poteva assistere, penosamente, per le strade a scazzottate, e vedere volti e mani sanguinanti fino all’arrivo della “ jeep ” della M.P. che senza motto proferire, roteando lo sfollagente di dura gomma per l’aere e a menar colpi sul corpo dei contendenti, dopo averli ben menati li caricavano di peso sulla camionetta portandoseli via, in luoghi dotati di celle dove i malcapitati potevano far sbollire l’ira e le percosse accumulate.

I soldati inglesi erano più disciplinati, raramente si potevano vedere scene di questo tenore, forse anche per la ferrea disciplina che ne spegneva gli ardori, prima ancora che si fossero accesi.
Noi, militari italiani, carabinieri, eravamo ben considerati da loro, tanto dagli inglesi quanto dagli americani: fraternizzavamo, i nostri rapporti erano semplici e cordiali e oltre non si andava. Mostravano la loro cortesia offrendo a noi sigarette in abbondanza, e noi eravamo ben lieti di accettarle, potevamo così fumare a sbafo e senza limiti.
Le ragazze erano molto ricercate e non soltanto per far l’amore, all’aperto nei giardini, oppure in posti appartati.
Le consenzienti si davano per un foglietto di “amlire ” non sempre per amore ma per mettere a tacere il malumore dello stomaco, per saziarlo dalla lunga nel tempo, abbondante fame, subita a causa del razionamento dei generi di prima necessità e tuttora di difficoltosa reperibilità per l’alto costo che la “borsa nera” soprattutto, pretendeva.

Un settimanale di buona satira fiorentina, “ La Carrozzella ”, pubblicò in quei tempi di disagio economico e morale una vignetta uscita dalla penna di un allora celebre caricaturista, dov’era riprodotto un disegno raffigurante una avvenente e formosa ragazza che, abbandonando il ragazzo con il quale prima si era accompagnata lo piantava, improvvisamente in asso, e si avviava a prendere a braccetto un soldato americano che sventolava un biglietto di mille “Amlire”.
La scenetta era completata da una annessa poesiola satirica:

“..….un po’ per colpa mia e ,

un po’ per colpa delle cosce sue,

ci s’arrapò parecchio tutte e due.

Ma quando si decise d’andar via,

senza aver fatto danni anticipati,

ci si prese abbracciati e strinti strinti,

si venne via, giù per borgo Pinti.
Quando fummo all’arco di San Piero,

un giovanotto ci passò d’accanto e disse:

“Mille lire”, in forestiero.

La mi ragazza mi lasciò di schianto,

io reagii,…ed ora son qui a rimirarmi

con tre cerotti e quattro ammaccature

per via delle ragazze caste e pure. ”


Salvatore Emanuele – Firenze


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