Territorio italiano a rischio

Nel mese di gennaio di quest'anno è caduta il triplo di pioggia in più rispetto alla media al nord (+200%), più del doppio al Centro (+119 per cento) con picchi del 168% in Toscana e il 12 % in più anche nel Mezzogiorno.
Lo ha rilevato il monitoraggio della Coldiretti, sulla base dei dati Ucea, che lancia l’allarme per i terreni saturi di acqua con il rischio frane in un Paese dove l’82% dei comuni ha parte del territorio a rischio idrogeologico.
“Siamo di fronte – evidenzia la Coldiretti - ai drammatici effetti dei cambiamenti climatici che si sono manifestati con il moltiplicarsi di eventi estremi, sfasamenti stagionali e precipitazioni brevi, ma intense con vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire. Servono le opere infrastrutturali per la raccolta e la regimazione delle acque, ma a questa situazione - osserva la Coldiretti - non è certamente estraneo il fatto che un modello di sviluppo sbagliato ha tagliato del 15 per cento le campagne e fatto perdere negli ultimi venti anni 2,15 milioni di ettari di terra coltivata. Ogni giorno viene sottratta terra agricola per un equivalente di circa 400 campi da calcio (288 ettari) che vengono abbandonati o occupati dal cemento”.
Oltre 6 milioni di persone esposte al rischio idrogeologico
Ieri Legambiente e il Dipartimento della Protezione Civile hanno pubblicato il dossier annuale Ecosistema Rischio 2013, che ha monitorato le attività per la mitigazione del rischio idrogeologico di oltre 1.500 amministrazioni comunali italiane tra quelle in cui sono presenti zone esposte a maggiore pericolo. Il dossier rivela che sono ben 6.633 i comuni italiani in cui sono presenti aree a rischio idrogeologico, l’82% del totale; oltre 6 milioni di cittadini si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane o alluvioni. In ben 1.109 comuni (l’82% fra i 1.354 analizzati nell’indagine) sono presenti abitazioni in aree a rischio e in 779 amministrazioni (il 58% del nostro campione) in tali zone sorgono impianti industriali.
Nonostante le ripetute tragedie, anche nell’ultimo decennio sono state edificate nuove strutture in zone esposte a pericolo di frane e alluvioni (in 186 comuni fra quelli intervistati). Nel contempo, soltanto 55 amministrazioni hanno intrapreso azioni di delocalizzazione di abitazioni dalle aree esposte a maggiore pericolo e in appena 27 comuni si è provveduto a delocalizzare insediamenti industriali. Ancora in ritardo anche le attività finalizzate all’informazione dei cittadini (dichiarano di farle in 472 comuni), essenziali per preparare la popolazione ad affrontare situazioni di emergenza.
La classifica
I tre comuni risultati più virtuosi nelle attività di mitigazione del rischio idrogeologico sono Calenzano (FI), Agnana Calabra (RC) e Monasterolo Bormida (AT), mentre in fondo alla classifica si posizionano San Pietro di Caridà (RC), Varsi (PR) e San Giuseppe Vesuviano (NA), con un punteggio molto basso.
" Fonte casaeclima.com"

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