Morte del giovane Claudio Crimaldi: La Preghiera di don Antonio Di Bella

Si pubblica il testo integrale dell'Omelia pronunciata durante il funerale dello stimato Claudio.
La sofferenza non è la volontà di Dio
"Dio non ha mandato il Suo Figlio Gesù a fare prediche sul dolore o sulla morte, ma a condividere la nostra umana fragilità".
giorno 03 Settembre 2022 dalla Chiesa Madre di Acquedolci
riferimenti della parola:Giobbe 19, 1.23-27; Salmo 114 (115); Gv. 6, 37-40

di Antonio Di Bella
Carissimi fratelli e sorelle, oggi avvertiamo un penoso smarrimento del cuore e siamo sempre impauriti e sgomentati, quando le circostanze della vita ci costringono a misurarci costantemente con lo scandalo della sofferenza innocente e della morte di un giovane ragazzo amato e stimato da tutta la nostra comunità di Acquedolci. Più che di tante parole, ora ci sarebbe un gran bisogno di tacere e adorare. Adorare, nel senso di entrare sempre più in profondità e aderire al Mistero. Per questo, oggi, più che esternare pensieri e riversare fiumi di parole, vorrei essere un umile, fedele portavoce del Signore e di tutta la nostra comunità che si stringe attorno alla Mensa del Signore nel giorno in cui celebriamo l’ultima Pasqua del nostro fratello Claudio scomparso prematuramente.
Ora, io Padre Antonio, devo assumermi il dovere di fare il portavoce di Gesù in questo momento. Ma prima permettetemi di fare una breve premessa. Alle volte noi cristiani attribuiamo a Gesù affermazioni improprie, che rischiano di farci uscire dal cammino della fede. Tante volte mettiamo sulla bocca di Gesù in maniera impropria che il dolore, la malattia, la sofferenza e la morte sono la volontà di Dio. No per carità! Già nell’Antico Testamento, nel libro di Giobbe, si era fatta piazza pulita di due ipotesi teologiche equivoche e fuorvianti. La prima sosteneva che la sofferenza è la conseguenza del peccato. Ma Gesù ha eliminato per sempre un errore così madornale. Quando s’imbatte nel giovane cieco dalla nascita, afferma con tono perentorio: «né lui ha peccato né i suoi genitori» (Gv 9,3).
Un secondo tentativo di spiegazione teologica del dolore innocente che viene anch’esso demolito da Giobbe. Lo abbiamo ascoltato nella prima lettura, «Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non da straniero» (Gb 19, 27). La sofferenza è la prova di fedeltà a cui Dio sottopone i giusti. La malattia verrebbe inviata da Dio a persone buone e giuste per saggiarne fino in fondo la fede e la fedeltà al Signore. Ma anche questa spiegazione non risolve veramente il problema, anzi crea altri dubbi.
La sofferenza non è la volontà di Dio. Gesù ce lo dice con chiarezza lampante e con estrema decisione. Lo abbiamo letto nel Vangelo: «Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo resusciti nell’ultimo giorno» (Gv 6,39). Non è assolutamente la malattia la cruda volontà di Dio, ma la nostra salvezza. La volontà di Dio è che anche nella sofferenza e nella malattia lui possa esserci e possa riscrivere tutto dritto, anche sulle righe storte della vita. Dio non è un dirigente, che si eclissa quando tutto va male, per uscirsene sempre bello e illeso per poi rischiare l’ira dei suoi figli che si accaniscono contro di Lui quando una giovane vita si viene a spezzare ingiustamente. Dio è un Padre, una padre-papà che non permette niente a nessuno, neanche al male e alla morte, di esiliare i suoi figli dal suo cuore. Dio non ha mandato il Suo Figlio Gesù a fare prediche sul dolore o sulla morte, ma a condividere la nostra umana fragilità. Più che spiegare il perché dell’abisso del dolore, Gesù è venuto a riempirlo d’amore. Quanta gente c’è oggi per salutare Claudio? Abbiamo visto in questi giorni una processione di parenti, amici e conoscenti che sono venuti a salutare per l’ultima volta il nostro caro amico Claudio. Questo è l’amore che lo circonda: l’affetto di tutti i presenti convenuti a questa celebrazione esequiale. Gesù è venuto a sconfiggere l’odio con il perdono, a sconfiggere la violenza ingiustificata ed improvvisa di una malattia con una dedizione totalmente incondizionata. Se Gesù ha sofferto il dolore, pur di non rinunciare all’Amore, non è stato tanto qui per insegnarci a soffrire, ma piuttosto per insegnarci ad amare. “Amatevi come io ho amato voi”. Oggi Claudio ci dice amatevi, voletevi bene come io vi ho amato, come io vi ho voluto bene e lo dice a ciascuno ed ognuno di noi. Soffrite come ho sofferto io, ma amatevi come io ho amato voi. Se qualcuno si chiede dov’era Dio mentre succedeva tutto questo, mentre una vita veniva a mancare, possiamo affermare con assoluta certezza che Dio era lì presente mentre Claudio soffriva e moriva. Dio non era nel suo letto. Era in fondo al cuore di Claudio, per aiutarlo ad alleviare il dolore dei suoi cari e dei suoi amici e amiche più care con il suo dolce sorriso. Vi invito per un attimo a ricordarvi del suo dolce sorriso. Chiudete gli occhi per un attimo soltanto, e guardate Claudio col suo sorriso. Come un tatuaggio il suo dolce sorriso e la sua parola di luce sono impressi nel nostro cuore. San Giovanni apostolo nella sua prima lettera si rivolge a noi con queste parole: «Noi siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte» (1Gv 3,14).
Vi racconto una storia… Un giorno una giovane mamma, sapendo che alla nascita del figlio fosse un po’ debole e cagionevole di salute, trovando un libretto in casa sulla vita di San Domenico Savio, discepolo amatissimo di San Giovanni Bosco, conoscendo la vita di questo santo morto a soli 15 anni, affascinata dalla sua potente intercessione, preparò l’abitino di Domenico Savio. Per chi non lo sapesse, questo abitino è un piccolo scapolare di fede e di devozione sul modello che il giovane santo mise al collo della madre molto sofferente e ammalata a causa dell’ultima gravidanza, ovvero dello stesso santo Domenico Savio. Per l’intercessione della Vergine Maria, la giovane mamma fu guarita miracolosamente e diede alla luce la giovane Caterina. Domenico Savio prima di morire, raccomandò a sua madre di conservare questo abitino con cura e di donarlo a coloro che soffrivano e versavano in queste condizioni pericolose. Ora questa giovane mamma che vi dicevo prima, conservò questo abitino, che avevo messo al figlio quando è nato. Vedendo il suo figlio agonizzante sul letto dell’ospedale, ricordandosi di quell’abitino che trovò in casa, lo portò al figlio, che con grande fede e devozione ha baciato in segno di venerazione e di fede. Ebbene questo giovane è stato miracolato per chi non ci credesse, è stato liberato per sempre da ogni forma di sofferenza dalla morte e oggi si trova tra le braccia del Signore che gode della gioia eterna che non ha fine… Accettiamo la carezza di Dio, quella che lui ci fa oggi con le mani tenere e il cuore dolce del nostro amatissimo Claudio. Per ricordarci che non siamo soli nel dolore, perché lui ci sta accanto in questo duro momento di sconcerto. Gesù ci ama e soffre con noi e per noi. Claudio è con Gesù, e se Gesù è con noi, Claudio sarà sempre con noi. Claudio è vivo, e noi lo incontreremo ogni volta che sceglieremo la strada della vita. La strada del bene, della luce, della bellezza. La strada dell’amore vero, non quello di convenienza ma di amore vero.
Grazie Claudio, perché ci sei. Grazie Claudio perché ci sei sempre stato per tutti e ci sarai sempre. Non ti diciamo addio, perché quello è il pensiero degli sconfitti e di chi non crede nella vita eterna, ma ti diciamo A – Dio. A – Dio , piccolo come un bambino, tenero e forte più che mai. Amen!

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