Nella seconda metà dell '800 il sindaco Taormina aveva tentato di arginare lo scivolamento di alcuni quartieri avviando la realizzazione della "Murata", un enorme muro di contenimento che, improvvisamente, nella notte tra il 7 e l'8 gennaio 1922 iniziò a collassare.
97 anni dalla "Grande Frana" del 1922.
Non possiamo dimenticare un disastro che ha sconvolto la storia del nostro territorio.
Le vittime sepolte sotto le macerie furono ufficialmente due,un giovane e l'anziana madre.
Oggi si sa anche che tanti anziani morirono a causa del freddo nei giorni seguenti e ci furono alcuni cittadini dichiarati dispersi.
Colpito il patrimonio artistico:in poche ore crollarono dieci chiese ed interi quartieri barocchi.
di Enrico Caiola
97 anni dalla "Grande Frana" del 1922.
Non possiamo dimenticare un disastro che ha sconvolto la storia del nostro territorio.
Le vittime sepolte sotto le macerie furono ufficialmente due,un giovane e l'anziana madre.
Oggi si sa anche che tanti anziani morirono a causa del freddo nei giorni seguenti e ci furono alcuni cittadini dichiarati dispersi.
Colpito il patrimonio artistico:in poche ore crollarono dieci chiese ed interi quartieri barocchi.
di Enrico Caiola
Immaginate di essere svegliati di soprassalto, nel cuore di una fredda notte di inizio gennaio, dalle urla di terrore e dagli spari dei militari. Immaginate di rabbrividire mentre la luce dei lampioni a petrolio si spegne a causa dei crolli e sopraggiunge il terrore per gli scricchioli provenienti dalle viscere di una montagna che fino a quel momento sembrava forte e sicura.. Nelle strade il gelo, dopo le abbondanti nevicate; la certezza di una casa calda e di un focolare domestico carico di ricordi che si disintegra in pochi istanti. Una vita di sacrifici che si frantuma, i ricordi più cari e ogni bene che affonda nel fango..qualche secondo per afferrare da un cassetto la foto di un caro estinto, qualche mobile, un piccolo ricordo di famiglia.. poi bisogna salvarsi in fretta. Nulla più. Improvvisamente poveri, senza indumenti, senza cibo, tra la neve e il fango. E' il racconto che sanfratellani e acquedolciani conoscono e condividono. Un racconto che si tramanda da generazioni e che, nelle differenze che pure ci sono tra le due odierne Comunità, accomuna nei sentimenti di angoscia ed emozione.La Frana del 1922 è la nostra storia. la storia di una comunità improvvisamente priva di riferimenti sicuri che si frantuma. L'ultimo rintocco della campana che precipita. Poi un boato terribile, secondo i racconti dei testimoni,anche la colossale Roccaforte vacilla e un unico urlo si solleva da migliaia di persone in fuga.Un urlo che, racconteranno nei decenni tanti anziani, non può essere dimenticato. E' il grido di un paese colpito al cuore, l'urlo di una comunità ferita. In piena notte, tra le due e le cinque del mattino del giorno 8 gennaio di 97 anni fa, si consuma una tragedia immensa che travolge ogni cosa e segna la storia.
I documenti
“E’ giunta notizia di una tremenda sciagura avvenuta in un paesello della nostra provincia e precisamente nel comune di San Fratello. Questo comune sorge su un monte, e questa notte, a causa della corrosione prodotta dalle acque, le rocce sono sprofondate, travolgendo in una rovina quasi tutte le case del paese. Fra gli altri edifici rovinati nella voragine vi sono la Cattedrale e il Municipio. Non si conosce il numero dei morti e dei feriti perché mancano i particolari dell’immane tragedia. Si sa che almeno cinquecento famiglie sono senza tetto”. E' Questo il contenuto di uno dei primi telegrammi inviati a Roma per chiedere aiuto. L'allarme da San Fratello viene inizialmente sottovalutato dal Governo che invierà indumenti e cibo per cinquemila sfollati. La situazione che però si presenta innanzi ai soccorritori è quella di un paese scomparso nel nulla.
“E’ giunta notizia di una tremenda sciagura avvenuta in un paesello della nostra provincia e precisamente nel comune di San Fratello. Questo comune sorge su un monte, e questa notte, a causa della corrosione prodotta dalle acque, le rocce sono sprofondate, travolgendo in una rovina quasi tutte le case del paese. Fra gli altri edifici rovinati nella voragine vi sono la Cattedrale e il Municipio. Non si conosce il numero dei morti e dei feriti perché mancano i particolari dell’immane tragedia. Si sa che almeno cinquecento famiglie sono senza tetto”. E' Questo il contenuto di uno dei primi telegrammi inviati a Roma per chiedere aiuto. L'allarme da San Fratello viene inizialmente sottovalutato dal Governo che invierà indumenti e cibo per cinquemila sfollati. La situazione che però si presenta innanzi ai soccorritori è quella di un paese scomparso nel nulla.
San Fratello era uno dei comuni più importanti e ricchi della Sicilia, patria di santi, teologi e militari. I docenti universitari sanfratellani erano conosciuti in tutta italia ed erano tantissimi i medici, gli scrittori, i politici ed i poeti che avevano reso ben conosciuta la comunità collinare . Alla vigilia della Frana del '22 il Paese, all'apice dello splendore, contava circa 15 mila residenti. San Fratello è il paese natale di San Benedetto Manasseri, primo santo di colore e figlio di schiavi africani canonizzato dalla Chiesa appena un secolo prima, nel 1807.
San Fratello, com'era???
Ciò che giunge fino a noi sono alcuni documenti e alcune foto sbiadite antecedenti al 1922, ci mostrano un Paese meraviglioso e ricco di arte e monumenti. Costruito interamente in pietra e marmo locale, il Paese ha quasi mille anni di storia stratificata secolo dopo secolo, ma poggia le sue antiche fondamenta su una montagna geologicamente debole e friabile. La notte tra il 7 e l'8 gennaio 1922, l'equilibrio si spezza e tutta la montagna comincia a scivolare verso il Torrente Furiano.
Un'altra testimonianza racconta:
“La frana continua a San Fratello, il suo movimento minaccia seriamente l’altra parte del paese, che è stata fatta sgombrare. La popolazione è sgomentata. Una triste processione di carri, animali,e persone,carichi di masserizie, cercano altrove rifugio. Si crede che il paese dovrà essere ricostruito inferiormente altrove, essendo attualmente fondato su un terreno insidiato da profonde corrosioni sotterranee. Il prefetto Frigerio si trova sul luogo, ove sta impartendo energiche disposizioni per evitare vittime umane.Molte costruzioni sono state travolte e inghiottite e fra esse sono scomparse la chiesa, la pretura, il municipio, la strada provinciale interna del paese."
Quasi 10 mila sfollati: fu una catastrofe.
Lo smottamento fu spaventoso e travolse migliaia di case,antiche vie, eleganti piazze,antichi quartieri. Furono circa dieci le chiese che vennero rase al suolo assieme a statue e dipinti, un patrimonio artistico immenso perduto per sempre. Nella frana crollò la Chiesa Madre dell'Assunta, e furono distrutti il Palazzo del Municipio e l'archivio anagrafico,la Pretura,le Scuole,l'edificio Postelegrafico, un Convento di suore,numerose biblioteche private e la Caserma. Fu una distruzione quasi totale che lasciò senza abitazione circa 9 mila persone.
Il dramma di San Fratello si trasformò ben presto in emergenza umanitaria. Nelle prime ore del mattino,in migliaia si riversarono lungo le antiche viuzze del centro storico che dalla Piazza della Matrice si diramavano verso la Roccaforte , fino all'altra grande chiesa, quella di San Nicola di Bari. La popolazione nel panico afferrava alcune coperte per ripararsi dal gelo pungente di una tra le più fredde e terribili notti del secolo. Dopo poche ore, il terrore per i crolli ed i boati paurosi provenienti dalle viscere della Montagna,lasciò spazio al rischio di epidemie e fenomeni di sciacallaggio. Il Governo guidato dal Liberale Luigi Facta intervenne inviando sul posto l'Esercito. I soccorritori che riuscirono con difficoltà ad aprirsi una strada nella montagna ed a raggiungere il luogo del disastro,ormai isolato dal mondo,si trovarono innanzi una situazione impressionante. Mentre le terra ancora si muoveva e scivolava, le case e le chiese scomparivano per sempre nel fango che ribolliva dal sottosuolo.
A San Fratello la liquefazione del terreno
Gli aiuti a circa 500 famiglie erano insufficienti ed i soccorsi inviati dovettero fare i conti con una popolazione ben al di sopra delle previsioni. Migliaia di disperati e affamati presero d'assalto i mezzi con i viveri.
La vicenda di San Fratello scosse l'opinione pubblica dell'epoca. Il disastro fu uno degli eventi geologici più impressionanti del '900 siciliano. Della vicenda sanfratellana se ne parlò in tutta Italia e "l'illustrazione del Popolo", popolare rivista nazionale, fece il giro delle maggiori città italiane. La storia di quello che accadde quella notte riecheggia ancora nei racconti degli anziani,nonostante ormai sia praticamente estinta l'ultima generazione di chi visse quelle ore di terrore. La parola "Frana" diventa sinonimo di "apocalisse" nei due paesi di San Fratello e Acquedolci. E di un'apocalisse effettivamente si tratta. E' la fine di un'epoca, la fine di un mondo circoscritto e particolarmente isolato. L'isolamento era stato una situazione che aveva consentito a San Fratello, lungo i secoli, di elaborare addirittura un proprio unico e particolarissimo dialetto che la rende diversa da tutti gli altri paesi dei Nebrodi.Con il '22 iniziano nuove sfide: la scelta tra delocalizzare o ricostruire in situ e un tentativo di rinascita con la ricostruzione a Stazzone e Monte Nuovo. Ma la Frana del '22 apre anche alcune ferite insanabili in un tessuto sociale da secoli frantumato ed eterogeneo. Emerge il dualismo tra due comunità che di fatto sono presenti all'interno dello stesso paese e si verifica così una frattura comunitaria agevolata dall'occasione della delocalizzazione che convince migliaia di sanfratellani ad andare via e ricostruire ad Acquedolci, dove i saloni del Castello si aprono agli sfollati e il piccolo Borgo accoglie migliaia di nuovi abitanti.
Il racconto di Salvatore Emanuele
Il biografo Salvatore Emanuele, scomparso nel 2015,racconta la Frana. Si tratta di un racconto simile ad altri ma particolarmente interessante poichè tramandato per iscritto. E' un dialogo tra il piccolo Totò e la sua mamma, sfollata nel disastro e trasferitasi ad Acquedolci per seguire un sogno di rinascita, mentre il marito va lontano per lavoro:
La vicenda di San Fratello scosse l'opinione pubblica dell'epoca. Il disastro fu uno degli eventi geologici più impressionanti del '900 siciliano. Della vicenda sanfratellana se ne parlò in tutta Italia e "l'illustrazione del Popolo", popolare rivista nazionale, fece il giro delle maggiori città italiane. La storia di quello che accadde quella notte riecheggia ancora nei racconti degli anziani,nonostante ormai sia praticamente estinta l'ultima generazione di chi visse quelle ore di terrore. La parola "Frana" diventa sinonimo di "apocalisse" nei due paesi di San Fratello e Acquedolci. E di un'apocalisse effettivamente si tratta. E' la fine di un'epoca, la fine di un mondo circoscritto e particolarmente isolato. L'isolamento era stato una situazione che aveva consentito a San Fratello, lungo i secoli, di elaborare addirittura un proprio unico e particolarissimo dialetto che la rende diversa da tutti gli altri paesi dei Nebrodi.Con il '22 iniziano nuove sfide: la scelta tra delocalizzare o ricostruire in situ e un tentativo di rinascita con la ricostruzione a Stazzone e Monte Nuovo. Ma la Frana del '22 apre anche alcune ferite insanabili in un tessuto sociale da secoli frantumato ed eterogeneo. Emerge il dualismo tra due comunità che di fatto sono presenti all'interno dello stesso paese e si verifica così una frattura comunitaria agevolata dall'occasione della delocalizzazione che convince migliaia di sanfratellani ad andare via e ricostruire ad Acquedolci, dove i saloni del Castello si aprono agli sfollati e il piccolo Borgo accoglie migliaia di nuovi abitanti.
Il racconto di Salvatore Emanuele
Il biografo Salvatore Emanuele, scomparso nel 2015,racconta la Frana. Si tratta di un racconto simile ad altri ma particolarmente interessante poichè tramandato per iscritto. E' un dialogo tra il piccolo Totò e la sua mamma, sfollata nel disastro e trasferitasi ad Acquedolci per seguire un sogno di rinascita, mentre il marito va lontano per lavoro:
"Mamma, a cosa serve questa bilancia e questi tanti pesi e pesetti che vi stanno intorno? a cosa servono questi rotoloni di stoffa colorata e con le gore? E questa stadera dal grande piatto e lungo braccio con appeso il “Romano”, a cosa ti serviva?
- Ed ella a me con tanta mirabile pazienza e gli occhi inumiditi da una lacrima che le scorreva sopra le guance, rispondeva:
<<Figlio mio, tu non puoi sapere quanti e quanti sacrifici ebbero a sopportare gli invasi dalla catastrofe in quella tremenda e «nera» notte.>>
In casa nostra v’erano pochi e miseri mobili recuperati dalle macerie: un cassettone d’antica fattura riparato nella sua struttura ma con i cassetti originarli; una vecchia credenza ed una vetrinetta ricostruita e rabberciata alla belle-meglio. Un’antico tavolo di legno di ciliegio con apertura a libro, rimasto, miracolosamente, indenne...."
-l'approfondimento-
-l'approfondimento-
Ciò che giunge fino a noi sono alcuni documenti e alcune foto sbiadite antecedenti al 1922, ci mostrano un Paese meraviglioso e ricco di arte e monumenti. Costruito interamente in pietra e marmo locale, il Paese ha quasi mille anni di storia stratificata secolo dopo secolo, ma poggia le sue antiche fondamenta su una montagna geologicamente debole e friabile. La notte tra il 7 e l'8 gennaio 1922, l'equilibrio si spezza e tutta la montagna comincia a scivolare verso il Torrente Furiano.
foto di Raffaella Nardone- gennaio 2017 |
Oggi non rimangono che poche pietre, qualche pezzo di casa, alcune colonne di quella che fu un tempo la grandiosa Matrice dell'Assunta,antico edificio che custodiva un Crocifisso settecentesco messo in salvo durante il disastro e donato alla nuova chiesa di Acquedolci nel 1928. Interamente in pietra e marmo locali, questa chiesa custodiva gioielli artistici del più raffinato barocco siciliano. Marabitti, Guacci, Gagini, Frà Umile..sono alcuni degli artisti autori delle meravigliose sculture e dei bellissimi pulpiti delle chiese sanfratellane. Salendo verso Roccaforte il grande vuoto creatosi in poche ore, lascia lo spazio all'immaginazione. Li sorgeva la Badia ed il Convento delle Suore, poco oltre la Chiesa della Maddalena, da qualche parte laggiù la casa natale di San Benedetto Manasseri era divenuta nei secoli una piccola chiesetta.
foto di Raffaella Nardone |
Affacciandoci dallo spiazzale antistante alla chiesa ottagonale del Crocifisso,una delle poche chiese ottagonali d'Occidente, avremmo osservato un paese sovraffollato, pieno di vicoli e stradine, in tutta la sua bellezza. Si tramanda che San Fratello fosse uno scrigno di gioielli artistici. Si racconta che le strade fossero interamente lastricate di marmo locale, nel centro dei quartieri spagnoli, le une alle altre aggrappate, addossate ai maestosi palazzi gentilizi, si assiepavano umili dimore popolari. Uno spettacolo urbanistico che esprimeva il contrasto di una società di ricchissimi e poverissimi ma, al contempo, mostrava al visitatore la stratificazione urbanistica prodotta dalle varie epoche storiche che da circa 900 anni avevano apportato modifiche e arricchimenti al tessuto urbano del paese, sopratutto dopo la prima frana di metà '700, smottamento scarsamente documentato che probabilmente attivò uno sviluppo urbanistico a sud del paese.
Tra balaustrate, statue, colonne, archi, viuzze e piazze, emergeva il dramma di una popolazione di disperati. Nella San Fratello divisa da lotte di potere che si consumavano all'ombra dei due Campanili,circa il 90% dei sanfratellani ,cioè la grande massa di popolazione, viveva la piaga della fame e della povertà, della denutrizione e della carenza di igiene. Dimenticati dai potenti, che litigavano quotidianamente tra loro per governare il Paese, i poveri pagavano sulla propria pelle il prezzo altissimo di una realtà profondamente ingiusta. L'antica e sovraffollata San Fratello, a causa della carenza dei servizi igienici e della presenza di animali che condividevano gli spazi con la popolazione più povera, registrava frequenti casi di esplosioni epidemiche come colera e tubercolosi e, perciò, era spesso capitato che il Paese fosse messo in quarantena. Nel susseguirsi degli anni e nell'alternarsi degli eventi, si ripetevano le tradizioni millenarie e le feste. Quello che danneggiava il paese erano però le inconciliabili divisioni, i litigi, le "lotte di Campanile" che avevano diviso i religiosi, i politici e trascinato l'intera Comunità in un'assurda incomprensione tra "nicolini" e "mariannei", entrambi espressioni di centri di potere in contesa per la primazia sul paese, gli uni nella parte Alta, gli altri nella parte Bassa dell'abitato. Nei secoli si era prodotta una grave spaccatura interna che, di fatto, aveva creato due Comunità che convivevano forzatamente all'interno dello stesso Centro. Le due realtà facevano a gara per superare l'altra e nelle varie epoche il paese si era arricchito. Era fortissimo il sentimento religioso,in un paese la cui popolazione era organizzata secondo una gerarchia piramidale tipica del Medioevo. I Gesuiti e i Domenicani sono stati presenti in epoca spagnola tra il 1500 ed il 1700. Teologi come Domenico Giovanni Candela che per oltre trent'anni ricoprì incarichi di governo tra la Sicilia e Napoli all'interno dell'ordine, e Giuseppe Cajola generale della Compagnia di Gesù in Sicilia, sono i nomi degli illustri sanfratellani nel periodo precedente alla Frana di metà settecento. In paese erano stati presenti anche i Francescani che, in onore del cittadino frà Benedetto Manasseri,avevano costruito il chiostro del Monastero, le suore Benedettine avevano fatto costruire invece la Badia e davano sostegno agli orfani. Sul finire dell'800 si era insediata una piccola Comunità di Suore Riparatrici del Sacro Cuore che cominciarono da subito ad ammettere numerose novizie. San Fratello è stata anche la patria di grandissimi economisti come Giuseppe e Paolo RiccaSalerno e di militari e uomini politici di rilievo. E' stata, perciò, da sempre una realtà abbastanza dinamica sul piano culturale, religioso e militare.
San Fratello non era un "paesino" qualunque,ma era un "capoluogo di mandamento" come ebbe a definirlo il professore Sebastiano Salomone, nella sua opera "Le Province Siciliane". Nella parte alta del paese erano riconoscibili ancora i resti di un castello fortificato, il Castello di San Filadelfio, risalente all'epoca Normanna, raso al suolo da un'altra grande frana verificatasi nel febbraio del 1745 più o meno a ridosso della zona colpita dal disastro del '22.
Nel 1870 il sindaco Alfonso Taormina aveva dovuto tamponare le emergenze di alcuni smottamenti nella zona Valle, avviando i lavori di costruzione di un grandioso muro di contenimento che prenderà il nome di "Muratta". Nel 1922 il disastro avrà inizio proprio quando a cedere sarà questo imponente muraglione che di fatto teneva fermo il paese. Il centro abitato insisteva su un territorio ormai compromesso dall'enorme peso delle costruzioni che erano spesso dotate di cisterne che avevano "cariato" la montagna. Lo storico Luigi Vasi esprime,nelle sue Memorie, tutto il suo disappunto e la sua protesta per un Paese che correva dietro le divisioni e non interveniva a riparare le grosse crepe apertesi nei palazzi e nella Matrice dell'Assunta. queste crepe, ad inizio '900, erano così grandi da essere normalmente "riempite" addirittura con sedie e legname. Quell'anno, nel 1922, in seguito alle forti piogge ed alle abbondanti nevicate,la situazione precipitò improvvisamente e i piccoli smottamenti già attivi cominciarono ad innescare una diffusa situazione di instabilità geologica dell'intero Paese. L'intera montagna cominciò a cedere, a scivolare sotto il proprio peso. Si verificavano violenti tremori, un vere e proprie scosse di terremoto, come raccontavano gli anziani, che durarono per ore.
Lo smottamento, iniziato dalla parte a valle, coinvolse in poco tempo i quartieri Matrice e Badia che erano adagiati sotto la Roccaforte. Il movimento franoso, risalì verso il piazzale San Nicolò, coinvolgendo i quartieri Pescheria, Buglio e Terranova, lacerando le costruzioni spagnole della zona denominata "Calvario", si arrestò a ridosso della navata nord di San Nicolò. Nei giorni successivi al disastro,i soccorritori vennero presi d'assalto dalla folla affamata. Le 20 mila scatolette di carne in conserva inviate dal Governo, non bastarono per tutti ed i convogli carichi di indumenti e coperte risultarono insufficienti. Nel frattempo intervenne anche la Santa Sede che, su indicazione di Pio XI, informato dal Ministro Di Giorgio, inviava enormi quantitativi di riso e biscotti. Dai paesi vicini arrivava intanto pane e farina. Circa 2 mila sfollati vennero radunati nei pressi della Marina Vecchia di Acquedolci, accolti nei saloni e nei fienili del Castello Cupane, altri si accampano in ricoveri di fortuna in località Buonriposo. Circa 3 mila gli sfollati che vennero ospitati a Sant'Agata Militello. Furono però migliaia coloro i quali non vollero trasferirsi e si accontentano di dormire in fienili e lungo le strade. Nell'Atrio del Convento vennero forniti i primi soccorsi, data assistenza alle partorienti, conforto ai moribondi. Tantissimi sfollati si accamparono nei pressi del Cimitero di San Fratello, in località Grazia. Il punto colpito dal dissesto idrogeologico da quel lontano 8 gennaio 1922 non si è mai fermato e continua lentamente ma inesorabilmente a scivolare verso valle di pochi centimetri l'anno.
Pierpaolo Faranda “Città giardino: il Piano Acquedolci”
Salvatore Di Fazio "Personaggi storici di San Fratello"
Luigi Vasi- "Memorie"
Fotografie storiche:Benedetto Rubino
Immagini attuali:Pippo Maggiore, Raffaella Nardone, Anna Delia Lo Balbo
Notizie dal Web : Carmelo Emanuele Sottolapietra Sito San Fratello
articolo e ricerca di Enrico Caiola-Acquedolci Politica
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