"E suonino le campane,
suonino a distesa festanti le campane del Nostro Campanile, di quel Campanile
che è stato siccome il simbolo, il vessillo, la bandiera della nostra riscossa..."
Acquedolci ricorda la civica indipendenza.
L' entrata in vigore della legge che ha reso Acquedolci Comune Autonomo è stata approvata il 12 novembre 1969 ed è entrata in vigore alla mezzanotte del 28 novembre.
L'evento ha cambiato la storia del paese.
Omaggio del sindaco di Acquedolci al sacerdote Antonino Di Paci "artefice" dell'Autonomia.
di Acquedolci Politica
La votazione unanime del Parlamento Siciliano giungeva dopo 18 anni di polemiche,comizi, assemblee e contrasti...ma l'idea di un paese Autonomo affondava le radici in un provvedimento del 1941 che non venne firmato dal Re a causa della Guerra.
La legge n° 42 del 1969 è entrata in vigore alla mezzanotte del 28 Novembre, dopo i 15 giorni di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. 48 anni fa, le campane suonarono a festa nel cuore della notte e l'intero paese si riversò nelle strade. Chi ha vissuto quell'esperienza ricorda gli applausi,la festa in Comune, ma anche quel senso di smarrimento, quelle persone comuni che non capirono immediatamente quello che stava accadendo e, nel cuore della notte, erano ancora li, pronte a fuggire, con lo stesso terrore della frana del '22 e delle bombe del '43. Una popolazione stremata da guerre e disastri, fame, disoccupazione ed emigrazione. Nel 1969, due giovani su tre non lavorano, il 30% della popolazione cerca fortuna in Germania e Svizzera o nel Nord Italia, dove si creano interi quartieri di acquedolcesi nei Comuni di Melegnano, Carpiano, Cerro al Lambro,Colturano, San Giuliano Milanese, Vizzolo Predabissi, Rozzano e ancora Firenze, Milano, Torino, Roma,Como, Viggiù.. Gli Acquedolcesi che andavano via tentavano di fare fortuna in America si stabilivano specialmente a New York, nelle zone di Little Italy e Brooklin. E' stato un esodo gravissimo, che ha colpito un pò tutti i paesi siciliani, ma che ad Acquedolci, dimenticata e trascurata frazione di un Paese "distante", ha assunto connotati preoccupanti. Con l'Autonomia gli acquedolcesi si sentivano finalmente "Redenti", ma iniziava una sfida grande più dell'Autonomia stessa.
La prima amministrazione del nuovo Comune appena nato ha rischiato di non potere gestire il paese che, di fatto, non aveva risorse economiche neppure per potersi permettere degli arredi in Comune. Acquedolci era tra le comunità più povere d’Italia, con un reddito medio pro capite al di sotto della soglia di povertà. Mancavano strade e piazze,i quartieri antichi erano bui ed immersi nel fango, il Piano Regolatore incompiuto era rimasto una campagna dove migliaia di persone costruivano la propria casa velocemente e con sacrifici enormi. Eppure, in questa situazione particolarmente grave, la generosità dei "grandi padri" del Paese ha lasciato spazio alla donazione. Si improvvisarono collette, fu notevole il contributo di tanti benefattori e realtà aggregative come la Società Operaia. Ma la realtà più importante fu la Parrocchia che, guidata dal parroco autonomista Di Paci, diede al nuovo Comune non solamente l'Autonomia ma anche i primi arredi che vennero acquistati proprio da Padre Nino.
Se non ci fosse stata la Parrocchia, non ci sarebbe stata nessuna Autonomia. Il parroco Di Paci ne fece una vera e propria ragione di vita. Non sbaglia oggi, dopo 48 anni, il sindaco di Acquedolci a manifestare pubblicamente un segno di riconoscenza per il grande concittadino autonomista. Questo sacerdote, che meriterebbe grandi riconoscimenti, fu artefice dell'autodeterminazione di un paese e della sua popolazione offesa da una gestione ingiustificabilmente lontana dalle esigenze quotidiane della gente. Una gestione che seppe addirittura negare i contributi per i danni bellici che erano stati erogati proprio per Acquedolci e che, tristemente, vennero spesi esclusivamente a San Fratello paese, mentre la frazione era circondata dal fango delle proprie strade bombardate. Ottenuta l'Autonomia un'altro pericolo cominciò ad annidarsi, il pericolo delle speculazioni e degli interessi che lo stesso padre Nino temeva che si potessero realizzare e, probabilmente, aveva già previsto. E gli "sciacalli" non mancarono, le "pecore nere",come le definiva Di Paci, giunsero puntuali con il loro "stridente belato", hanno accampato avidamente favoritismi che hanno spartito incuranti delle divisioni e dei danni all' l'armonia di una Comunità che spesso non ha saputo cogliere quel fresco profumo del bello e di uno sviluppo armonico e regolare.L'originario "Piano Acquedolci" venne manomesso, saccheggiato e alterato e lo sviluppo caotico ha spesso asservito gli umori dei nuovi dominatori privi di scrupoli. Nonostante questo Acquedolci è cresciuta, è migliorata,il benessere è entrato in tante case. Dopo 48 anni appare necessario ripensare però tante scelte sbagliate, correggere il tiro per preparare meglio l'avvenire dei ragazzi che anche oggi, come accadeva negli anni '60, fanno la valigia e vanno altrove con il nodo alla gola per non avere avuto riconosciuto quel diritto di fare il futuro nel proprio paese. E' necessario perciò un rinnovato senso dell'identità e della riscoperta dei valori espressi da uomini che sappiano avere la forza e sopratutto il coraggio di isolare favoritismi e personalismi in nome di un bene più grande che è l'amore per la "nostra piccola Patria" assai cara a chi l'ha voluta libera e capace di scegliere da sola il proprio avvenire di bellezza e rispetto delle regole, che non vanno d'accordo con le "pecore nere". Non è facile ma è possibile! Auguri Acquedolci!!
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