Il Guerriero che sognava una Sicilia forte, sicura e florida

Ducezio, re dei Siculi ed immenso generale guerriero. 
La sua nascita risale al 488 a.C. Si suppone nei pressi di Noto o della odierna Mineo. Apparteneva al popolo dei siculi, ma detto in questi termini potrebbe risultare una informazione poco chiara. E allora lasciateci riepilogare lo scenario demografico della nostra isola a quei tempi.

Tutto quello che diremo attinge agli scritti che Tucidide ci ha lasciato nel narrare la sfortunata spedizione ateniese in Sicilia attorno al 416-415 a.C.A quanto pare, dopo una violenta eruzione dell'Etna, i Sicani (popolo maggiormente rappresentante dell'isola e presumibilmente autoctono) avevano abbandonato quei luoghi. Terre facili preda di scorribande e nuovi insediamenti.
Non ci volle molto perchè i Siculi (gente proveniente dall'Italia appartenenti a un popolo indoeuropeo – protolatini – Dionigi di Alicarnasso nella sua storia delle antichità romane parla dei Siculi come della prima popolazione che abitò la zona di Albalonga, dove poi sorse Roma) occupassero quelle terre. Ciò diede luogo ad una serie di lotte. Scontri violenti e vere e proprie guerre che trovarono pace quando Siculi e Sicani scesero a patti spartendosi il territorio dell'isola.
Sicani  >> Sicilia meridionale ed occidentale
Elimi   >> Estremità occidentale della Sicilia (Erice e Segesta)
Siculi   >> Sicilia orientale
Fenici  >> Coste e isole (prima dell'arrivo dei Greci), poi estremità occidentale (Motia, Solunto e Panormo)
Morgeti          >> Morgantion
E' in questo scenario instabile che l'eroe fa la sua comparsa. Ma proviamo ad addentrarci all'interno di questa figura mitica. Ducezio, o meglio Douketios, è un nome che possiamo presupporre appartenente alla tradizione onomastica sicula, la quale attribuiva soventemente le locuzioni finali di “on” e “is” al sesso maschile.
Ducezio era il nome con il quale i Sicelioti (abitanti delle città siciliane di fondazione e perdurante cultura greca) davano al loro nemico più acerrimo e temuto. Un uomo insomma dall'indiscusso carisma. Un condottiero le cui sorti, la cui ascesa o morte avrebbero potuto definitivamente cambiare lo scenario sociale.
La radice del nome sarebbe Douk (pr. Duk o dux) oppure Douke (pr. Duke o duce). Nomi che si possono tradurre in “condottiero”. Il guerriero per eccellenza. Il Siciliano per eccellenza. Colui che venne al mondo col solo scopo di riunire le popolazioni locali della nostra amata isola, perchè riuscissero a difendersi contro tutti e tutto.
Già nel 480 a.C., 8 anni prima che Ducezio nascesse, la Sicilia dell'epoca era mira delle spinte espansionistiche di Cartagine, che desiderava a tutti i costi espandere la sua presenza dalla costa occidentale a quella orientale.
Quella volta ci finì bene perchè le forze siceliote, affiancate da siculi e sicani, riuscirono ad ottenere una grande vittoria ad Imera.
Ma quanto a lungo avrebbero potuto reggere le frammentate e così lontane (non solo geograficamente) città-stato dell'isola?Questo dubbio probabilmente assaliva giorno e notte Ducezio.
E sicuramente fu ciò che lo spinse a sognare e BATTERSI per la realizzazione di una federazione protostatuale delle città-stato sicule. Quest'ultime, infatti, erano spesso soggette alle mire egemoniche delle ricche città costiere di sangue sicelioto (discendenti greci).
Questa sete di libertà e protezione si concretizzò soprattutto dopo la liberazione di Katana dai mercenari fedeli ai tiranni dinomenidi aretuse. Siamo attorno al 461 a.C. e, a soli 27 anni, Ducezio è a capo della spedizione in qualità di generale assieme a delle truppe inviate dalla democratica Siracusa, che si era distaccata da poco da Trasibulo.
Dopo la vittoria a Katana, altri successi militari gonfiano la fama e le fila dell'esercito di Ducezio. Le città costiere iniziano a tremare.
Ad ogni città conquistata (sarebbe “meglio dire liberata”) un brivido percorreva le città siceliote: Morgantina, Motyon.
In questo stesso periodo di guerre Ducezio pone le basi per due nuove città sacreMenainon e Palikè. Città realizzate presso il lago Naftia tra Palagonia e Mineo.
In particolare Paliké era sede del Tempio dei Gemelli Palici, struttura importante per cementificare l'unione religiosa di tutti i Siculi.
E la sua importanza religiosa, ma soprattutto politica, la resero il principale obbiettivo bellico dei nemici.
Solo dopo pochi anni dalla sua realizzazione, la città venne attaccata da Siracusa e Agrigento. Ma Ducezio sconfisse Bolcone e le sue truppe proprio sotto le mura della città. Ma Siracusa e Agrigento non mollarono la presa.
Spaventate dalla forza di Ducezio e da quella incognita che erano i Sicani dell'entroterra, organizzarono una nuova spedizione militare che si tradusse in un successo (450 a.C.) prima a Nomai (forse errata trascrizione di Noai) e poi a Motyon (vicino San Cataldo).Dopo queste sconfitte Ducezio fu esiliato a Corinto.
Ma nel 444 a.C. rientrò in Sicilia con un gruppo di coloni Corinzi e fondò Kalè Aktè su incarico di un oracolo (forse quello di Dodona), presso l'odierna Caronia. E' proprio lì che il nostro eroe morirà 4 anni più tardi all'età di 44 anni.
Prendiamo in prestito le parole di F. Cordano che non esita a definire il ventennio di Ducezio come "il momento della migliore autocoscienza dei Siculi".
Autocoscienza che noi vogliamo stare ben attenti d'associare all'indipendentismo o ad altre sciocchezze facilmente sfruttate in passato dalla criminalità organizzata e la mafia.
 
Siamo già una regione a statuto speciale. Non potremmo essere qualcosa di diverso e più libero. Ma abbiamo bisogno nuovamente di quella autocoscienza che rappresenta l'unico modo per liberarsi dall'oppressione della malapolitica, del clientelismo, dai pregiudizi e dalla violenza della guerra (ogni riferimento alle basi americane portatrici di morte non è casuale!).
Volgendo lo sguardo a Ducezio abbiamo di che essere fieri del nostro passato.
Facciamo in modo di esserlo anche del nostro futuro.
Facciamo si che tra 50 anni, quando ripenseremo a quello che eravamo, potremmo esser orgogliosi della Sicilia che lasceremo ai nostri figli.
Autore: Viola Dante; Disegno di Mario Girolamo Ruffino

Commenti