La BELLA SICILIA DA SALVARE: Il Castello di Acquedolci inserito nell'elenco.

Fa parte del patrimonio artistico siciliano ed ha una storia di quasi 600 anni.
Salvare il Castello di Acquedolci e la Torre Atàlia: "prigionieri" del degrado e del cemento.
Il Presidente di Legambiente Sicilia: "Uno dei dodici siti del nostro patrimonio siciliano, importante testimonianza di grande valore e prestigio del nostro patrimonio culturale".
Sindaco Riolo: "Entro un mese porteremo a termine un altro significativo intervento diretto a dare visibilità alla struttura".
di Enrico Caiola
Villa Napoli e Villino Raffo, ma anche il Villino Pignatelli-Florio di Palermo e la Chiesa di Santa Maria della Grotta a Marsala. Tra i 12 siti monumentali di Sicilia,individuati come rilevanti sotto il profilo storico aritistico e culturale, ritroviamo finalmente il Castello di Acquedolci, uno dei siti pubblici che viene segnalato come "complesso Monumentale" in attesa di progetti che possano attivare l'iter e concretizzare un definitivo recupero. Il sito di Acquedolci rientra nella categoria "bene proprietà di ente pubblico", essendo stato acquistato dagli ultimi proprietari, i Cupane, nell'anno 2000 quando era sindaco di Acquedolci Antonino Galati. Dopo gli interventi di messa in sicurezza delle due torri catalane che delimitano il prospetto nord ed il rifacimento del soffitto della bella chiesa di San Giuseppe alla Torre, interventi questi avviati all'epoca dell'amministrazione guidata da Salvatore Oriti, fanno discutere i mancati interventi conservativi delle antiche mura e dell'intera struttura nei successivi 10 anni. Nell'ultimo decennio incuria dei luoghi e disinteresse culturale hanno consentito, con la complicità del silenzio degli enti preposti, alcune gravi speculazioni edilizie a ridosso dell'antica costruzione. La realizzazione di opere in cemento armato in zona storica, la demolizione della posticcia scalinata principale, la distruzione di un antico Fondaco con l'alterazione della originaria sede stradale della via Castello. Sono errori gravi che hanno mutilato il patrimonio storico culturale rappresentato dal complesso monumentale del Castello. 
Da questo Castello sono passati sovrani e santi. L'antica costruzione racconta quasi 600 anni di storia siciliana. Ecco perchè va salvato subito e preservato per le future generazioni!
Per liberare la struttura dal degrado, la nuova amministrazione guidata dal sindaco Alvaro Riolo, ha avviato in meno di un anno ben tre interventi di pulizia di cortili e locali interni. 
"Tanto c'è da fare ma stiamo riuscendo ad assicurare un costante interesse, con interventi efficaci in termini di visibilità e fruibilità  ed ad un costo ridotto- spiega il sindaco- La pulizia dell'area fronte mare non era mai stata fatta. Entro un mese porteremo a termine un altro significativo intervento diretto a dare visibilità alla struttura."
L'ultimo intervento, a cura del proprietario del Castello (il Comune di Acquedolci), ha consentito che venisse ripulita l'area nord in una zona a ridosso della ferrovia ormai ridotta a discarica. Grazie a quest'ultimo intervento, liberati da rovi e piante infestanti, sono ritornati ad essere visibili il Bastione spagnolo, la base dell'antica Torre Atalia e delle Torrette laterali di difesa, caratterizzate da cuspidi in stile arabesco impreziosite da eleganti fregi in pietra. Nel complesso,tuttavia, gli interventi finalizzati al recupero sono ancora parecchi da progettare e realizzare per ovviare agli enormi danni subiti dalla struttura nel corso degli ultimi 70 anni, a partire dalla demolizione della Torre gravemente danneggiata durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Sull'importante riconoscimento, come complesso monumentale di notevole valore storico, interviene il presidente di legambiente Sicilia, Gianfranco Zanna, al quale il Castello di Acquedolci era stato segnalato  nel 2012 dal ricercatore Pierpaolo Faranda autore di numerosi opuscoli e testi scientifici sul Castello:"Sette anni fa, nel 2011-spiega Zanna-nell’ambito di questa nostra affascinante e appassionante Salvalarte Sicilia, lanciammo una campagna chiamata 'SOS HERITAGE'-la bella Sicilia che sta scomparendo', per raccogliere segnalazioni su beni monumentali, archeologici e architettonici minacciati dal degrado e dall’incuria. Beni che avevano bisogno di cure, attenzione e che, invece, distrazioni, ritardi, scarsa notorietà, avevano condannato ad un triste destino dalla sorte segnata. Raccogliemmo una sessantina di indicazioni, che sottoponemmo agli organi competenti, a partire dai proprietari, pubblici o privati, coloro che dovevano essere i primi a preoccuparsene. Dobbiamo dire, con soddisfazione, che alcune cose sono state fatte e alcune emergenze sono state superate o sono in fase di superamento. Abbiamo così pensato, in questa 17° edizione di Salvalarte Sicilia, di riproporre una parte di quelle segnalazioni e riproporle: sono siti importanti; testimonianze di grande valore e prestigio del nostro patrimonio culturale."
Molti di questi siti artistici sono al contempo protagonisti di alcune pagine di storia, hanno spesso storie complicate, spiega Zanna "storie intricate che hanno contribuito, spesso con una sorte di scarica barile, a determinarne il loro triste destino". Il sito di Acquedolci, uno dei due siti della provincia di Messina assieme al Monastero di San Filippo d'Agira, è uno di questi importantissimi siti-patrimonio, che vanta una storia legata in maniera inscindibile alla sicilia tardo-medievale del XV secolo ed al successivo periodo del dominio spagnolo dell'Isola nel XVI secolo.
-l'approfondimento- 
I Larcan DeSoto, i Lucchesi, i Palagonìa...sono solo alcune tra le famiglie che furono proprietarie di questo imponente maniero posto a guardia del feudo di San Filadelfio.
La TORRE "ATALIA" risale all'inizio XV secolo.
CURIOSITA': Il nome della Torre richiama il nome biblico della madre di Acazia re di Giuda ed ha il significato di "Dio è Grande".

La storia del Castello di Acquedolci vede, come protagonisti, re siciliani e potenti imperatori europei. Sul finire del XIV secolo quando il conflitto tra le istituzioni politiche e le istituzioni religiose, determinato in larga misura dalla fine della Cattività Avignose, raggiunge l'apice. In questo periodo storico, al papa di Roma si contrappose l'antipapa di Avignone. Potenze e regni europei si scontrano e conclusero alleanze parteggiando per l'una o per l'altra fazione religiosa. Ed è proprio questo il periodo in cui ha inizio la storia del Castello, con l'edificazione (o riedificazione) di una Torre, in un territorio strategico e fertilissimo, ricco di acque e piantagioni di cannamela introdotte dagli arabi in periodo pre-normanno. Nel XV secolo il Feudo è in pericolo, poichè minacciato dalle incursioni piratesche. Antagonismi politici,interessi per l'accaparramento di risorse, prosperi feudi da amministrare, titoli di governo da utilizzare a fini personali, hanno caratterizzato le vicende storiche degli ultimi 600 anni e hanno reso il feudo Delle Acque Dolci una terra appetibile e ambita,sotto il profilo strategico e per la sua ricchezza d'acqua, ma anche per l'importanza che il Borgo collinare di San Filadelfio cominciava ad assumere durante il tardo Medioevo. L'epoca nella quale è stato edificato il primo nucleo del Castello è l'epoca del Regno di Trinacria, un regno precursore al dominio imperiale spagnolo e riconducibile alla Corona della Catalogna, nei decenni immediatamente precedenti alla unificazione con la Corona di Castiglia.
La storia della Torre di Acquedolci si intreccia con le vicende di una potente famiglia di origine catalana, i Larcan De Soto, il cui capostipite conte Augerotto giunge sul territorio al seguito del principe Martino. I tradimenti e le congiure che contrappongono le famiglie spagnole, si ripercuotono sul Feudo. Nel 1392, il territorio di San Filadelfio è amministrato dal principe di Trinacria Federico II d'Aragona. Ma Federico, almeno secondo la versione ufficiale, si ribella alle ambiziose pretese del principe Martino. Dopo uno scontro che vede soccombere Federico,il feudo gli viene revocato e consegnato provvisoriamente agli Oliveri di Messina. Tuttavia Federico d'Aragona prova a  stipulare un'alleanza con Martino, e riottiene il feudo di San Filadelfio. Qualche anno dopo, però, lo perde nuovamente e di li a poco muore in circostanze misteriose. 
Martino a questo punto non ha più avversari e affida il Feudo e la Torre di Acquedolci ai fedeli Larcan DeSoto di origine catalana, che divengono signori del feudo di San Filadelfio per i successivi  duecento anni. 
Un problema storico: Martino fu re o Usurpatore? Pur essendo erede al Trono di Catalogna, Martino non è considerato re, perchè conquista il titolo, non riconosciuto dalla Chiesa Romana, grazie ad un matrimonio d'interesse con la legittima erede del Regno di Trinacria, Maria di Sicilia o d'Aragona, cugina di Federico d'Aragona signore di San Fratello. E' probabile che la ribellione di Federico d'Aragona sia legata proprio alle pressioni del papato sulle ambizioni politiche di Martino che, tutt'altro che benevolo,abbia usato la situazione per assumere il potere dell'Isola. La principessa Maria, pur essendo ormai promessa sposa del Duca di Milano Giangaleazzo Visconti, venne fatta rapire per essere data in sposa con la forza a Martino, grazie alla complicità dell'Antipapa Clemente VII che ne celebrò le nozze nella Cattedrale di Palermo. Il matrimonio fu scandaloso non tanto per le modalità con le quali i due vengono uniti in matrimonio (cioè con la costrizione fisica di una delle parti e ad opera di un antipapa) ma sopratutto perchè Martino e Maria erano imparentati, secondo una tesi non confermata, addirittura fratellastri da parte del padre. Un'unione inaccettabile che non impedisce tuttavia a Martino di fregiarsi del titolo ambito di Re di Trinacria e di assegnare feudi e porzioni di terre ai propri vassalli e congiurati, come per l'appunto ai Larcan DeSoto. Per alcuni re legittimo, per altri un semplice erede al trono di Catalogna e sovrano illegittimo, Martino giunse in Sicilia con il suo seguito di feudatari e dovette difendere l'Isola dalle incursioni dei corsari genericamente chiamati "saraceni". Un grave problema quest'ultimo, che rappresenterà una minaccia per tutto il secolo successivo. I "Pirati" erano infatti violenti saccheggiatori che ponevano in atto delle razzìe nei territori più fertili del mediterraneo, prendendo di mira sopratutto le materie prime. Una di queste materie prime, sicuramente la più pregiata dell'epoca era lo zucchero di canna,che nel feudo di San Filadelfio abbondava ed era messo in commercio sul mercato del nascente Impero Spagnolo, che di li a poco sarebbe stato unificato con l'accorpamento dei regni di Castiglia e Aragona.
Intorno al 1400, Martino I affidò ad Augerotto Larcan il titolo di barone della Terra Di San Filadelfio e delle Acque Dolci. Il feudo in seguito, durante il governo Spagnolo, sarà parte integrante della Comarca Spagnola di Mistretta. Furono proprio i Larcan DeSoto, ricchi di schiavi e servitori africani e primi proprietari della Torre, a ricostruire quella che fino a quel tempo era una piccola Torretta di avvistamento e difesa nella Marina delle Acque Dolci.E' l'anno 1405. A fine '400 (1495 circa) Antonio Giacomo Larcan, signore del Feudo, sotto la pressione degli attacchi pirateschi,chiese e ottenne il permesso dal governo spagnolo di rinforzare la Torre, di ampliarne la grandezza con l'edificazione di ulteriori strutture (Baglio e Torri di Avvistamento difensive-fonte: Faranda 2000),di rendere la Torre delle Acque Dolci un avamposto militare di prim'ordine, mentre cantine e magazzini di epoca medievale, assieme ai due Mulini ed alla Gualchiera, vennero nel frattempo ricostruiti e ampliati. L'impieanto venne anche dotato di una piccola Tonnara.
Quella che fino ad allora era stata una semplice Torre solitaria, si trasformò perciò in imponente struttura militare dell'Impero, autarchica sotto il profilo commerciale e perciò capace di resistere per mesi ai possibili attacchi.Una fortezza ben organizzata e dotata  di una piccola Chiesa e di appartamenti a partire dal '500. In questo secolo il Barone  Larcan ottiene licenza per ripristinare il "Carricatore". Questo conferma l'esistenza di una realtà commerciale di notevole importanza. L'aspetto militare della struttura fu implementato specialmente con l'ascesa al trono di Spagna dell'imperatore Carlo V che avviò il potenziamento degli avamposti militari siciliani in vista delle imminenti battaglie contro i corsari che verranno debellati nel Mediterraneo Occidentale entro gli anni '80 del XVI secolo. All'epoca di Carlo V è riconducibile la costruzione del Bastione, con modalità e linee architettoniche tipiche delle fortezze militari che in più punti costellano le coste di Sicilia. Il Bastione, la Torre, le Torrette di guardia (oggi se ne contano almeno quattro) avrebbero agevolato le manovre difensive durante gli attacchi provenienti dalla costa. L'Imperatore, giunto nell'Isola, sconfisse i Corsari Barbareschi che terrorizzavano gli abitanti di queste terre e, di fatto, mise in sicurezza la produzione di prodotti preziosi come zucchero, olio, vino e frumento. Durante una delle tante battaglie avrebbe soggiornato nella Torre delle AcqueDolci,ospite del barone Vincenzo Larcan,intorno al 1535. Nel 1558 lo storico siciliano Tommaso Fazello annota l'esistenza di una osteria nella località delle Acque Dolci. Il Castello in questa epoca è costantemente sorvegliato da almeno due guardiani armati posti  agli ingressi principali, che hanno il compito di lanciare l'allarme a tutte le Torri di avvistamento del territorio in caso di attacco nemico, di giorno con segnali di fumo e di notte  attraverso i fuochi. La Torre Atalia è ben difesa da  sette cannoni, la località viene segnata sulla grande carta della sicilia redatta dal cartografo prussiano  Samuel Schmettau.
Dopo duecento anni, il Castello Larcan DeSoto, cambia padrone e diventa sede amministrativa centrale di San Fratello. Si succedono le famiglie dei Gravina e dei Palagonìa.


Non uno, ma due castelli importanti rendono sicuro il territorio "di San Filadelfio". Ad Acquedolci, l'antica Torre ed il Castello che nei secoli si è sviluppato attorno, rappresentano un baluardo di difesa dalle incursioni provenienti dal mare. Attorno a questa imponente struttura, a partire dalla fine del '600, si sviluppa anche un piccolo borgo, che oggi conosciamo col nome di Vecchia Marina, di fatto il nucleo antico del moderno paese. In collina, a circa 700 metri di altezza, ai piedi della Roccaforte si erge la dimora e la corte del signore di queste Terre. E' il Castello di San Filadelfio, palazzo signorile e non avamposto militare, abbarbicato nel bel mezzo dell'abitato dell'antica San Fratello ed oggi completamente scomparso. Nel 1754 la storia di questo territorio è funestata da un disastro. La prima frana storica travolge il Castello di San Filadelfio e numerosi quartieri di Roccaforte subiscono  danni. Francesco Ferdinando dei Palagonia, costretto a trasferissi in riva al mare nella sede del Castello di Acquedolci,lancia l'idea di quella che potremmo oggi definire una "delocalizzazione" e immagina lo spostamento del paese in riva al mare. Ma questa idea fa scoppiare una rivolta che fa vacillare il potere di Francesco. Da qui la decisione  di ricostruire il paese in collina concedendo, a chi era rimasto senza casa, di rientrare in possesso della stessa dopo un certo numero di anni col pagamento di una somma rateizzata. A raccontare queste vicende è lo studioso Luigi Vasi nelle sue "memorie" dove l'autore non nasconde il proprio rammarico per la scelta sbagliata e prodroma di future sciagure.

Dalla seconda metà del Seicento il feudo, e perciò il Castello, avevano cambiato tante volte proprietario,dalla famiglia di origine genovese degli Squarciafico, ai Sancetta, agli Spatafora, ai Lucchesi, alla famiglia di origine normanna dei Gravina (il cui stemma diventò il simbolo del comune di San Fratello). per questo motivo intorno a metà '700 si ha notizia di un inventario che annota anche i beni custoditi nella Chiesa di san Giuseppe alla Torre. I principi di Palagonia sono i proprietari del Castello fino a metà '800 e sono artefici del rifacimento del  ponte levatorio. L'ultima famiglia feudale proprietaria fu quella dei Cupane (o Cupani) i cui eredi, nell'anno 2000, vendettero l'immobile ormai in rovina, al Comune di Acquedolci,che nel frattempo ha adottato nel proprio stemma civico le piantagioni di cannamela che furono talmente preziose nelle epoche passate da determinare la costruzione ed il rafforzamento di questa importante struttura monumentale. Da annotare sono gli interventi di recupero attivati dai Beni Culturali in seguito ai crolli verificatisi nel 2004. In quell'occasione venne messa in sicurezza la piccola chiesa di San Giuseppe alla Torre e preservato il suo altare barocco, che custodiva l'immagine del santo ed era meta di pellegrinaggio da secoli.
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Fonti:
Sottolapietra.blogspot.it
Castello di Acquedolci-pagina facebook
La Torre di Acquedolci (P.Faranda 2000)
Delle origini e vicende di San Fratello, Palermo 1882
Legambiente Sicilia- dossier Siti Storici Monumentali da salvare
Immagini a cura di AcquedolciFurianoBlog 

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