SPECIALE/STORIA
Nella notte tra il 7 e l'8 gennaio del 1922, un disastro pauroso cancellava una delle cittadine più potenti della provincia.
All'apice della propria storia, in una fredda notte di gennaio, dopo giorni di piogge e abbondanti nevicate, la ricca e potente San Fratello sprofondava nel fango con i propri tesori.
In piena notte due terzi dell'antico paese venivano rasi al suolo mentre la popolazione si dava alla fuga riversandosi negli stretti vicoli arabo-normanni. Nella notte tra il 7 e l'8 gennaio del 1922, un disastro pauroso cancellava una delle cittadine più potenti della provincia.
All'apice della propria storia, in una fredda notte di gennaio, dopo giorni di piogge e abbondanti nevicate, la ricca e potente San Fratello sprofondava nel fango con i propri tesori.
Oltre dieci le chiese rase al suolo,crollarono anche il Palazzo del Municipio, la Pretura, un Monastero, il palazzo Postelegrafico. I morti furono due, un uomo e l'anziana madre ritrovati abbracciati sotto le macerie del campanile.
La frana è un dramma che ha impressionato migliaia di persone e che per generazioni è stato tramandato nei racconti dei testimoni emozionati....
La notizia si diffuse in fretta..
San Fratello era uno dei comuni più importanti e ricchi della Sicilia, patria di santi, teologi e militari, di docenti,medici, scrittori, politici e poeti. Il paese di San Benedetto aveva dato i natali anche ad illustrissimi economisti di fama internazionale ed era il paese di origine del Ministro della Guerra dell'epoca. Un'altra testimonianza dell'epoca racconta:
E' la notte del dramma di un paese fino ad allora ricco e potente...
...è la notte delle preghiere lungo le strade e dei boati che si avvertono come scosse sismiche, è la notte di chi perdette ogni cosa e di chi nacque in mezzo alla strada, le urla dei bambini, le grida degli anziani, gli spari dei militari a cavallo, gli ultimi rintocchi delle campane delle chiese che crollavano.. è la notte di chi non ebbe il tempo di portare con se neppure un ricordo di famiglia...La frana è un dramma che ha impressionato migliaia di persone e che per generazioni è stato tramandato nei racconti dei testimoni emozionati....
Le cronache dell'epoca raccontano:
"E’ giunta notizia di una tremenda sciagura avvenuta in un paesello della nostra provincia e precisamente nel comune di San Fratello. Questo comune sorge su un monte, e questa notte, a causa della corrosione prodotta dalle acque,le rocce sono sprofondate,travolgendo in una rovina quasi tutte le case del paese. Fra gli altri edifici rovinati nella voragine vi sono la Cattedrale e il Municipio. Non si conosce il numero dei morti e dei feriti perché mancano i particolari dell’immane tragedia. Si sa che almeno cinquecento famiglie sono senza tetto”.La notizia si diffuse in fretta..
San Fratello era uno dei comuni più importanti e ricchi della Sicilia, patria di santi, teologi e militari, di docenti,medici, scrittori, politici e poeti. Il paese di San Benedetto aveva dato i natali anche ad illustrissimi economisti di fama internazionale ed era il paese di origine del Ministro della Guerra dell'epoca. Un'altra testimonianza dell'epoca racconta:
“La frana continua a San Fratello, il suo movimento minaccia seriamente l’altra parte del paese, che è stata fatta sgombrare. La popolazione è sgomentata. Una triste processione di carri, animali,e persone,carichi di masserizie,cercano altrove rifugio. Si crede che il paese dovrà essere ricostruito inferiormente altrove, essendo attualmente fondato su un terreno insidiato da profonde corrosioni sotterranee. Il prefetto Frigerio si trova sul luogo, ove sta impartendo energiche disposizioni per evitare vittime umane.Molte costruzioni sono state travolte e inghiottite e fra esse sono scomparse la chiesa, la pretura, il municipio, la strada provinciale interna del paese."
Sul posto giunse immediatamente il Prefetto di Messina che trasmise al Governo una nota sulla situazione "I fuggiaschi-scrisse-non hanno potuto salvare dalla rovina che pochissime cose e sono tutti nella angosciosa miseria."
I più ricchi del paese si ritrovarono improvvisamente in mezzo ad una strada e senza indumenti. Il dramma di San Fratello si trasformò in emergenza umanitaria.Gli sfollati furono oltre 9 mila dei quali 3 mila furono in un primo tempo dichiarati dispersi.
Gli aiuti vennero dati immediatamente a circa 500 famiglie, ma le stime iniziali vennero riviste. I soccorsi inviati dovettero fare i conti con una popolazione ben al di sopra delle previsioni. San Fratello era un grosso paese di oltre 12 mila residenti e contava almeno 3 mila persone non registrate, allevatori e umili contadini che lavoravano nei campi. Il totale della popolazione sfiorava le 15 mila unità effettive. Si trattava di uno dei paesi più popolosi della provincia. Rischio di epidemie di colera, sciacallaggio, fame, freddo, anziani, feriti.. La vicenda di San Fratello colpì l'opinione pubblica dell'epoca. Il disastro fu uno degli eventi geologici più impressionanti del '900 siciliano. Della vicenda sanfratellana se ne parlò in tutta Italia. La situazione fu resa più difficoltosa per il fatto che nei crolli andarono smarriti gli archivi anagrafici e per ricostruire la popolazione effettiva si dovette ricorrere agli archivi diocesani, perchè anche le chiese erano crollate o pericolanti e avevano perso i propri registri. II Governo dell'epoca su insistenti pressioni del sanfratellano Antonino Di Giorgio, ministro della Guerra, inviò da Roma l'esercito affinchè la situazione fosse mantenuta sotto controllo. I racconti di quello che accadde quella notte riecheggiano ancora a distanza di 94 anni e affascinano e sconvolgono. Si tratta di una storia che si tramanda da padre in figlio da nonno in nipote da generazioni..
La Grande Frana derterminò la conseguente delocalizzazione e nascita del nuovo paese di Acquedolci. L'evento geologico fu gravissimo e ha stravolto il comune di San Fratello determinandone l'inarrestabile e doloroso declino.
Lo smottamento fu abbastanza lento da permettere la fuga, ma fu abbastanza veloce da cancellare in poche ore secoli di storia e memoria di un popolo. Andarono distrutte opere d'arte, balaustrate, archivi e biblioteche, palazzi nobiliari pieni di dipinti ,quadri e mobili scomparvero nel fango assieme ai quartieri Matrice, Valle, Pescheria, Badia, Sant'Ignazio, Murata.. tutti popolosissimi rioni che si sviluppavano a ridosso del maestoso sperone roccioso denominato Roccaforte.
Una dopo l'altra vennero giù anche le bellissime e ricchissime chiese barocche: la grandiosa Matrice di Santa Maria Assunta,una sorta di cattedrale in pietra e marmo locale adornata dalle antiche colonne greco romane dei templi di Apollonia e piena zeppa di tesori e altari marmorei di epoca barocca, crollarono anche la chiesa di epoca spagnola della Maddalena, la Badia, la chiesa di san Pietro e la casa nella quale era nato San Benendetto il Moro, la chiesa di Sant'Ignazio di Loyola e la Chiesa di San Sebastiano. In appena 12 ore scomparvero le Chiese urbane della Madonna del Rosario,di San Paolo, di Sant'Antonio e di San Michele Arcangelo...nei crolli si sono persi tesori immensi frutto di secoli di storia. Il danno per il patrimonio artistico del nostro territorio è stato incalcolabile.
..prima...
..dopo..
La Frana ha trascinato nel fango ogni cosa. Sono pochissime le opere d'arte superstiti che vennero portate in salvo di tutta fretta in luoghi sicuri. E così mentre le strade si squarciavano sotto i piedi di chi fuggiva avvolto nelle coperte colto di soprassalto nella notte e le urla, i boati ed i crolli si mescolavano in un unico agghiacciante rumore, i testimoni oculari non poterono mai dimenticare il grande Crocifisso prelavato dalla Matrice di Santa Maria che ondeggiava tra la folla.. da allora quella statua venne chiamata "il Santissimo", perchè alcuni credettero che si trattasse davvero della fine del mondo e che il "Santissimo" stava ritornando per "giudicare i vivi e i morti".
L'intero paese stava scivolando a valle.
Mentre la gente si affollava nei vicoli anche la maestosa e salda pietra di Roccaforte sembrò vacillare.
I primi soccorritori, giunti sul posto dopo qualche giorno, si trovarono davanti una situazione gravissima. Feriti e anziani erano accolti nei fienili assieme agli animali. Era concreto il rischio di epidemie di colera, fenomeno ricorrenti nella storia sanfratellana. Durante il disastro una donna diede alla luce una bambina che venne immediatamente chiamata la "Bimba della Frana".
L'intero assetto del territorio uscì stravolto dal cataclisma.
La Frana del '22, o come la chiamano ancora i sanfratellani "la Freuna", costituisce un evento geologico imponente, un fatto storico che ha cambiato le sorti di due centri abitati e di un popolo, un trauma collettivo che ha cancellato le fortune costruite da centinaia di famiglie. Sinonimo di terrore, costituisce un avvenimento che ha segnato la fine di un'epoca e ha prodotto la nascita di un nuovo paese: Acquedolci.
Emergenza umanitaria..
Alimenti e indumenti non bastarono per tutti. Ricchi e poveri, padroni e servi, possidenti e contadini si ritrovano fianco a fianco a dormire nei fienili tra il fango e la neve.
Gli aiuti inviati da Roma per 5 mila persone risultarono insufficienti, i soccorsi furono presi d'assalto dalla popolazione affamata e la gravissima situazione determinò l'invio dell'esercito che intervenne per aiutare gli sfollati ed evitare fenomeni di sciacallaggio e l'assalto ai mezzi carichi di viveri.
"La catastrofica distruzione di San Fratello cominciò verso l'una di notte tra il 7 e l'8 gennaio 1922, quando, sotto raffiche di pioggia e di neve, si cominciò ad avvertire un agghiacciante scricchiolio di muri. Il paese era immerso nel sonno e nel buio dell'inverno tra i più rigidi di quel secolo. Nessuno tuttavia avrebbe immaginato cosa sarebbe accaduto di lì a poche ore e quale immane sciagura si sarebbe verificata allo spuntar del giorno.."
(tratto dal libro i "Personaggi storici di San Fratello" a cura di Salvatore Di Fazio)
I disastrati che si trasferirono ad Acquedolci portarono con loro alcuni oggetti..
Chi una sedia, chi una vetrina, altri trascinarono qualche cassa malconcia..anche l'umile quadro divenne protagonista delle sale da pranzo delle nuove case che negli anni venti vennero ricostruite vicine al mare. Salvatore Emanuele ci racconta nei suoi scritti questa breve storia che ci parla proprio di questo dramma e degli oggetti ai quali gli sfollati rimasero legati perchè in quei miseri beni rimaneva in loro vivo il ricordo della propria origine, dei propri sacrifici e dei propri antenati.
Totò, la mamma e il bilancino..
di Salvatore Emanuele
"Nel desiderio di conoscenze del mio esser fanciullo, via via che notavo infra le inanimate cose, sparse o conservate con amore, chiedevo lumi:
-Mamma, a cosa serve questa bilancia e questi tanti pesi e pesetti che vi stanno intorno?
-Mamma, a cosa servono questi rotoloni di stoffa colorata e con le gore? E questa stadera dal grande piatto e lungo braccio con appeso il “Romano”, a cosa ti serviva ?
- Ed ella a me con tanta mirabile pazienza e gli occhi inumiditi da una lacrima che le scorreva sopra le guance, rispondeva:
-Figlio mio, tu non puoi sapere quanti e quanti sacrifici ebbero a sopportare gli invasi dalla catastrofe in quella tremenda e «nera» notte.
In casa nostra v’erano pochi e miseri mobili recuperati dalle macerie: un cassettone d’antica fattura riparato nella sua struttura ma avente in dotazione i cassetti originarli; una vecchia credenza ed una vetrinetta ricostruita e rabberciata alla belle-meglio. Un’antico tavolo di legno di ciliegio con apertura a libro, rimasto, miracolosamente, indenne in tutte le sue parti, era ora corredato da sei seggie «francescane» con seduta in refe che odoravano ancora di nuovo.
Tuttavia, da cosa nasce cosa, e quell’immane flagello partorì una nuova comunità che venne ad aggiungersi a quel ristrettissimo numero di poveri “cristi” che abitavano la “Vecchia Marina” adiacente il Medievale Castello, con la torre fatta costruire dai baroni Larcan per stare a guardia e difesa dei pirati che provenivano dal mare.."
(E.C.)
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