CULTURA: "Cresce una Comunità che Accoglie". Prorogata al 31 agosto la mostra iconografica.

Continuerà ad essere aperta tutte le sere dalle 21,30 alle 23,30.
Tantissimi visitatori e la riscoperta di valori di accoglienza e integrazione.

Nell'antica Chiesetta del Castello, per conoscere la storia affascinante di frà Benedetto Manasseri, il santo compaesano che sfida il razzismo e le discriminazioni.
La Mostra è stata inaugurata giorno 2 agosto con un Incontro-Dibattito.
di Acquedolci Politica

E' l'occasione per riscoprire la figura del santo patrono, promuovendone la conoscenza della storia e della devozione nel mondo, ma è anche occasione per fare una intima e profonda riflessione. Nell'antica chiesetta del Castello di Acquedolci che apre le porte dopo decenni, il visitatore si trova innanzi pannelli espositivi frutto di una scrupolosa ricerca e di un lavoro grafico meticoloso,reso possibile grazie all'impegno di Luca Minciullo e di Enrico Caiola.Ci sono anche  litografie, dipinti e preziose statue devozionali. Le immagini stesse diventano occasione per approfondire una critica che conduce il visitatore ad una riflessione antirazzista e antischiavista. 
Benedetto Manasseri è nato nel feudo di San Fratello e di Acquedolci nell’anno 1524, quando erano signori di queste terre i nobili della famiglia catalana dei Larcan. Larcan come la madre del santo, una schiava sfruttata nel duro lavoro nei campi dove si coltivava la Canna da Zucchero. I padroni la vendettero in seguito al mercato di Palermo.
Record di visitatori e tantissimi apprezzamenti per una mostra iconografica che pone l'osservatore innanzi ad una storia che si interseca con il fenomeno dello sfruttamento degli schiavi e con la concezione della superiorità razziale dell'uomo europeo del XVI secolo. E' la storia di Benedetto, un uomo di colore siciliano, eremita e frate francescano, divenuto uno tra i santi più conosciuti nel mondo. E' la storia di un santo che ha sfidato un razzismo pericolosamente annidato da sempre nell'animo dell'uomo europeo. Per riconoscere la santità del frate, la Chiesa Cattolica stessa ha dovuto elaborare un'attenta autoanalisi scrollandosi di dosso tanti pregiudizi. La vicenda di San Benedetto è affascinante e si intreccia con la storia del Castello e dei suoi proprietari, i Larcan che furono feudatari schiavisti e sfruttatori. La Mostra interpella e scuote il visitatore, in questa nostra epoca dove riaffiorano ancora razzismi e chiusure promosse anche da istituzioni e socialmedia. Acquedolci, attraverso questa iniziativa, spalanca le porte di un luogo simbolo della storia e della fede per affrontare una tematica difficile e profondamente attuale. E' proprio l'antica Chiesetta, costruita da schiavi della famiglia Larcan e divenuta nei secoli "culla" della fede del Borgo, che si trasforma in singolare location di una intima riflessione. 
Il paese siciliano di Acquedolci,venera un santo di origine africana, un santo nero e "paesano", un siciliano figlio di schiavi vissuto nel XVI secolo, analfabeta ma "alto" in sapienza e sopratutto  libero, in un'epoca di discriminazioni e soprusi. Una comunità, quella di Acquedolci, che da decenni vive una realtà di integrazione con la presenza in paese della cultura extracomunitaria e della religione musulmana. Acquedolci è da sempre accogliente ed ospitale, per  motivazioni storiche e culturali. Lungo la Strada Consolare, già in epoca Romana, ad Acquedolci esisteva una "Stazione di Posta" dove venivano accolti i viandanti. In epoca medievale, attraversata dalla Via Francigena, la località di Acquedolci accoglieva pellegrini e romei in viaggio verso le mete dei grandi pellegrinaggi. Il piccolo Borgo di umili contadini al servizio dei signori del feudo, si è sviluppato attorno ad un antico Castello, ha accolto nel XIX secolo tanti lavoratori e dato ospitalità a  migliaia di sfollati rimasti privi di ogni bene in seguito alla frana del 1922 che distrusse quasi interamente San Fratello. Nei decenni successivi Acquedolci ha saputo ancora una volta accogliere ed integrare famiglie e abitanti provenienti da tanti paesi del comprensorio. Senza pregiudizi e senza discriminazioni, questa popolazione pacifica e accogliente,ha trasformato la necessità in virtù ed il paese ha prosperato ed è cresciuto in ogni senso trasformandosi con enormi sacrifici in un  paesino ridente e ospitale in cui  il Santo Patrono diventa quasi metafora di un'indole protesa all'accoglienza.
(l'approfondimento è stato trasmesso sull'emittente nazionale TV2000)
Già da alcuni decenni, va detto, in tutta Italia si  sperimentano positive esperienze di integrazione tra culture diverse,ma è necessario in questo periodo riscoprire l'importanza delle iniziative formative che le istituzioni devono predisporre al fine di abbattere i muri che vengono spesso innalzati con la complicità di paure infondate e facendo leva sull’ ostilità all’accoglienza dello straniero, conseguenza di una crisi economica e occupazionale che pervade l’intero continente europeo. Tra la popolazione italiana è dilagante un sentimento di razzismo,alle volte purtroppo incoraggiato e fomentato da uomini che ricoprono ruoli istituzionali. Questa preoccupante situazione si scontra violentemente con i valori buoni e gli esempi concreti che tendono a favorire sempre la possibilità di realizzare una integrazione interculturale che sia motivo di crescita sotto il profilo comunitario. Si vuole tentare pertanto di far riflettere sul fenomeno dell’immigrazione e dell’accoglienza, ma anche sul difficile tentativo di superare pregiudizi e disinformazioni che sono antitetici rispetto al concetto di uguaglianza tra gli esseri umani e parità nei diritti, principi questi sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948. 
Occorre ricordare e riscoprire il ricco bagaglio culturale di valori che la nostra civiltà si vanta di esprimere nel mondo attuale. Si tratta di un patrimonio culturale di diritti che si fonda proprio sulla parità tra gli individui e sulla loro uguaglianza, ma anche sulla presa d’atto che la nostra società è figlia di stratificazioni storiche nelle quali si rintraccia un’opera costruttiva tra culture e civiltà differenti che i diversi popoli hanno saputo integrare, consentendo il progresso umano nonostante i ricorrenti errori nella storia. 
L’iniziativa rappresenta l’occasione per fare il punto sulla situazione sotto il profilo storico e analizzare le responsabilità per gli errori commessi durante le epoche (il riferimento è allo schiavismo ed allo sfruttamento degli esseri umani che ha avuto l’obiettivo della massimizzazione delle risorse ed il conseguente impoverimento di territori dai quali sono in corso enormi flussi migratori). Carità (educativa, materiale,sociale) e Eguaglianza (tutela dei Diritti sotto il profilo dei doveri e dei compiti che le istituzioni devono tornare ad assumere nel momento formativo della coscienza civica), ma anche centralità dell’uomo inteso nella sua unicità e varietà culturale. 
Il Concetto di Accoglienza rappresenta in definitiva la sintesi per un rinato slancio nella formazione civica del cittadino e di difesa di valori cristiani di chi afferma di credere in Dio. Ciascun componente della Comunità dovrebbe individuare e rendersi autore di una inversione di tendenza, specialmente innanzi alle ingannevoli forme di razzismo sempre più frequentemente espresse dai social media. 
L’inaugurazione della mostra è stata preceduta da un incontro dibattito moderato da Enrico Caiola, al quale hanno preso parte l’avv. Alvaro Riolo (Sindaco di Acquedolci ) che ha espresso parole di plauso all’iniziativa, l’avv. Antonella Marchese (Presidente dell’Associazione Antiviolenza Aldebaran Onlus ) che ha ricordato l’evoluzione normativa degli ultimi settant’anni in materia di uguaglianza e di diritti fondamentali ribadendo anche l’importanza della sensibilizzazione verso la cultura della non violenza, della tolleranza e della non discriminazione (campagna che l’Associazione porta avanti da anni, organizzando anche convegni a tema ed incontri nelle scuole), ed il prof. Salvatore Mangione (Biografo e Docente di Storia e Filosofia ) il quale ha ricostruito la storia di San Benedetto il Moro.
Un impegno "emancipativo", teso cioè a favorire il ruolo di ogni persona nella Comunità, proprio perché il termine "persona" comprende sempre relazione, inclusione, dignità, libertà. 
La Comunità tutta cresce perciò quando il singolo comincia ad accogliere, attraverso l’ascolto degli altri e delle esigenze di gruppi operanti nella comunità, ma anche e soprattutto attraverso l’integrazione con coloro i quali non fanno parte della Comunità o ne vengono esclusi. La figura di Benedetto il Moro è rivoluzionaria e consente di analizzare da vicino il tema dell’accoglienza e dell’integrazione in una sicilia identitariamente varia e al contempo unica, che è stata plasmata da popoli e culture diverse. Benedetto rappresenta un esempio attuale che contrasta pregiudizi e razzismi ancora forti nella nostra epoca.  
Spunti di riflessione ed occasioni di crescita, perciò, partendo proprio dal santo siciliano, dalla sua immagine gioiosa e carica di espressività, dalla sua mitezza che accoglie, dalla sua semplicità che meraviglia, dal suo senso di rispetto per il creato e per il prossimo. Prendiamo spunto da questo uomo siciliano di colore che l’iconografia tradizionale ci rappresenta povero mentre accoglie il primo dei non accolti, quel “Bambinello” che è nato tra gli ultimi, in una stalla di Betlemme perché ..”non c'era posto nell'alloggio...” (Lc.2. 7/b)
L’evento è stato organizzato dal Blog AcquedolciFuriano con il patrocinio gratuito del Comune di Acquedolci, in collaborazione con la Parrocchia San Benedetto il Moro, con la Coop Regina Adelaide di San Fratello e con il blog Sottolapietra di Carmelo Emanuele.

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